Confagricoltura Piacenza: la filiera annaspa sempre sugli stessi problemi, dalla prossima campagna si cambi approccio
La piovosità di maggio ha ritardato la campagna e le grandinate a macchia di leopardo tra luglio e i primi di agosto hanno contribuito a ridurre le rese. E’ una fotografia poco entusiasmante quella che emerge al giro di boa della campagna del pomodoro da industria. A sottolinearlo è Confagricoltura Piacenza che ha partecipato alla riunione di monitoraggio della campagna 2019 convocata dall’Oi del Pomodoro da industria giovedì 22 agosto.
Anche se i dati ufficiali non sono ancora disponibili, i da un giro di tavolo con le Op, per il momento la produzione risulta sostanzialmente inferiore del 15-20% con punte anche del 30%, per quanto riguarda il pomodoro convenzionale, mentre arriva sino ad un dimezzamento delle rese nel biologico.
“Le rese ad ettaro sono basse – sottolinea Giovanni Lambertini, presidente della sezione di prodotto Pomodoro da Industria di Confagricoltura Emilia Romagna e di Confagricoltura Piacenza – varia da 550 a 630, raggiungendo punte di 720 solo in alcune aree. Se consideriamo che il prezzo mediamente pagato in funzione di parametri qualitativi previsti dal contratto d’area non supera gli 8 euro al quintale, arriviamo ad una Plv ad ettaro di neanche 5300 euro e dunque, non copre i costi produttivi. E’ una situazione disastrosa – conclude Lambertini – perché è persino peggiore rispetto allo scorso anno, seppure il prezzo fosse più basso. Molti agricoltori stanno già facendo i loro ragionamenti. Se converrà riseminare pomodoro, lo vedremo”.
Il brix è attorno a un valore medio di 4.84, ben sapendo che nel proseguimento della campagna questo parametro non migliorerà per il pomodoro tardivo, così come difficilmente ci saranno incrementi produttivi.
“Ribadiamo che la tabella qualità di oggi non corrisponde alla realtà – sottolinea Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza, che duramente aveva contestato l’approvazione dell’accordo riguardante i parametri qualitativi – i valori dovrebbero essere coerenti con le medie degli ultimi anni e se la tabella avesse assunto base cento il grado brix 4.80, come da noi richiesto, sarebbe forse stato possibile consentire ai produttori di non lavorare in perdita, seppure servano altri interventi per far tornare interessante questa produzione”.
“Questa annata – gli fa eco Lambertini – dimostra ragionevolmente, e purtroppo ancora una volta, che con queste modalità tutti i rischi sono a carico dell’agricoltore e che gli industriali possiedono gli strumenti, come la tabella qualità, per intervenire sul prezzo a loro discrezione in corso di campagna”.
Nel corso della campagna 2019 sono complessivamente 36.420 gli ettari coltivati a pomodoro da industria nel Nord Italia (dato Oi). “Rispetto al pre-accordo tra le Op sottoscritto a gennaio si tratta di 1.700 ettari in più oltre al massimale previsto – rimarca Lambertini -. E’ evidente che la filiera non ha saputo governare né la programmazione né la gestione del prodotto. L’assoluta inefficienza del sistema delle Op, così come impostato, è purtroppo conclamata”.
“Bisogna migliorare i criteri di definizione del prezzo – concludono Gasparini e Lambertini -. Appena terminata la campagna si deve discutere di come impostare la prossima, se vogliamo scongiurare il rischio che il pomodoro da industria faccia la fine della barbabietola da zucchero o di altre colture che sono state abbandonate”.
Filippo Gasparini e Giovanni Lambertini