“La diffusione della peste suina africana rischia di mettere in ginocchio un comparto come quello suinicolo italiano che, solo in esportazioni, vale 1,5 miliardi di euro l’anno, di cui oltre 500 milioni extra Ue”.
Cita questi numeri Confagricoltura Parma per sottolineare il grande rischio che tutto il settore suinicolo italiano sta vivendo in questi giorni a seguito dell’individuazione di alcuni casi di Peste suina africana in Piemonte e Liguria.
Danni che, ovviamente, sarebbero pesantissimi nel Parmense. In Emilia-Romagna, infatti, la suinicoltura conta su circa 1.200 allevamenti, 1,2 milioni di capi e una produzione lorda vendibile stimata in 307 milioni di euro, nella quale sono ricomprese le varie Dop regionali: prima tra tutte il Prosciutto di Parma.
I ministri delle Politiche agricole e della Salute hanno emesso un’ordinanza che ha fissato una serie di misure, valide per un periodo di sei mesi nelle zone interessate (114 in tutto tra Piemonte e Liguria), al fine di bloccare la diffusione della peste suina africana, consentendo comunque la continuità delle attività produttive.
“Un’ordinanza importante – ha commentato il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti -. Dobbiamo fornire le più solide rassicurazioni ai Paesi terzi, per tenere aperti i canali commerciali ed evitare una crisi di mercato che avrebbe pesantissime conseguenze di natura sociale ed economica. Resta il rammarico per un’emergenza che avrebbe potuto, con tutta probabilità, essere evitata con un efficace intervento, più volte sollecitato, per fermare la dannosa moltiplicazione dei cinghiali”.
A livello regionale l’Emilia-Romagna ha stabilito un blocco totale dell’attività venatoria nei comuni di Zerba e Ottone, situati lungo il confine della provincia di Piacenza con il Piemonte e la Liguria, e un blocco della caccia collettiva al cinghiale (braccata e girata), la caccia vagante con l’ausilio di cani e l’attività di “controllo” del cinghiale in forma collettiva nel restante territorio delle province di Parma e Piacenza.
“Evitare l’eccessiva circolazione dei cinghiali in questa fase è fondamentale – commenta Mario Marini, presidente di Confagricoltura Parma -, ma allo stesso tempo è necessario evitare che i cinghiali si moltiplichino troppo ed è per questo che a nostro avviso c’è la necessità di mantenere attivi almeno i piani di controllo del cinghiale, in modo che ci possano essere interventi mirati ed efficaci di contenimento”.
Chiara la richiesta del presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna Marcello Bonvicini: “Ora chiediamo alla Regione di predisporre un piano di eradicazione del cinghiale che è il principale vettore dell’infezione. Siamo d’accordo sulla sospensione dell’attività venatoria nelle province di Parma e Piacenza, vicine all’area infetta, tuttavia non dobbiamo assolutamente bloccare i piani di controllo della specie cinghiale, anche quelli eseguiti in modalità collettiva, atti alla riduzione di questi ungulati”.