Rese per ettaro e peso specifico bassi e quotazioni in picchiata, a fronte di costi di produzione che restano elevati con tendenze al rialzo. È stata una campagna dell’orzo molto complessa quella che nel Parmense ha visto interessata una superficie di 1.753 ettari.
A fare un primo bilancio della situazione è Andrea Rossi, presidente della sezione cerealicola di Confagricoltura Parma.
“Abbiamo affrontato una campagna di trebbiatura dell’orzo molto negativa – spiega Rossi -. Nell’areale parmense abbiamo registrato una resa per ettaro piuttosto bassa, intorno ai 50 quintali per ettaro in media, con un ridotto peso specifico: tra i 55 e i 60 kg/hl. Tutto questo in un quadro generale di quotazioni in picchiata: i valori si sono dimezzati visto che si è passati dai 29-30 euro il quintale di un anno fa ai circa 16 euro al quintale di oggi”.
“Le ragioni di queste difficoltà – aggiunge Alessandro Botti, commissario della Borsa merci di Parma per cereali e granaglie – sono imputabili a diversi fattori. Le condizioni meteo della primavera non hanno giocato a nostro favore: abbiamo dovuto fronteggiare un eccesso di piovosità, a maggio, nel momento della maturazione con una buona parte dell’orzo allettato”.
In questa fase a preoccupare sono soprattutto le prospettive di quotazioni che rischiano di restare basse. “Nel 2022 – spiega Rossi – il mercato fu fortemente influenzato dalle dinamiche conseguenti allo scoppio della guerra in Ucraina che produsse un’aspettativa generale di carenza di prodotto e, di conseguenza, un’elevata valutazione che raggiunse anche i 30 euro il quintale. Oggi, invece, ci ritroviamo in uno scenario completamente mutato con un prodotto sottovalutato in termini di prezzo”.
Da qui l’analisi di Confagricoltura Parma che parla di “una forte speculazione finanziaria a livello globale che ha comportato significativi contraccolpi in un mercato che un anno fa temeva una scarsità di prodotto che poi non c’è stata con un aumento delle importazioni incontrollate dai paesi dell’Est Europa, a discapito del prodotto nazionale. Il reddito finale dei produttori italiani, pertanto, rischia di essere piuttosto risicato dal momento che i costi di produzione, di certo, non diminuiranno. La forbice dei ricavi è quasi a zero anche per effetto del forte calo dei premi Pac. Tutto ciò in un contesto generale che è quello di una commodity che, in quanto tale, non può essere valorizzata commercialmente dal produttore il quale preferirebbe una stabilità remunerativa negli anni a prezzi fortemente altalenanti”.
Su scala regionale il quadro, già di per sè critico, si aggrava per gli effetti dell’alluvione in Romagna. Confagricoltura Emilia-Romagna ha stimato un calo medio oltre il 20% per il grano e l’orzo regionali visto l’azzeramento della produzione su un areale di circa 13mila ettari alluvionati, rimasti sott’acqua per più di tre giorni.
“Come la siccità l’anno passato, così l’alluvione ha tagliato la produzione cerealicola 2023 – commenta il presidente della sezione cereali di Confagricoltura Emilia Romagna Lorenzo Furini – con rese che in regione si fermano mediamente a 60-62 quintali a ettaro per il grano tenero e 45-47 quintali a ettaro per il duro. Varietà precoci (es. Bandera), che rispondono meglio delle tardive: queste ultime sono state danneggiate dal maltempo nel momento più delicato, nella fase di maturazione lattea. Si stimano nel complesso standard qualitativi medio-bassi, ma il prodotto è salubre”.