La nostra Terra ha sete. Un’emergenza che, nelle ultime settimane, è balzata agli onori delle cronache occupando le prime pagine dei quotidiani nazionali e monopolizzando i servizi di apertura dei tg. Un problema, quello della crisi idrica, che Confagricoltura Parma evidenzia da anni senza che, sino ad oggi, ai tanti proclami del mondo istituzionale abbiano poi fatto seguito atti concreti.
Il quadro generale tracciato dall’Autorità di bacino del fiume Po, nei giorni scorsi, è di quelli molto preoccupanti tanto da essere definito lo scenario peggiore degli ultimi settant’anni per la portata del Po con neve sulle Alpi totalmente esaurita in Piemonte e Lombardia; laghi, a partire dal Maggiore, ai minimi storici del periodo e temperature più alte fino a due gradi sopra la media. Le precipitazioni cadute nel mese di maggio sono state principalmente dovute ad eventi temporaleschi localizzati, anche violenti, ma non sufficienti a colmare il deficit maturato da inizio anno. Uno scenario, già molto critico, a cui si aggiunge la previsione di mancanza di piogge e il persistere di alte temperature sopra la media.
A tutto questo si sommano i problemi legati all’incremento dei costi energetici per le aziende. Citiamo, ad esempio, il rischio del raddoppio delle spese per l’irrigazione del pomodoro da industria passando dai 176 euro messi a bilancio nel 2021 ai 393 euro stimati per il 2022 a seguito dell’aumento vertiginoso del prezzo del gasolio agricolo, necessario per far funzionare i sistemi irrigui, passato dagli 0,66 euro al litro di un anno fa agli attuali 1,474 euro al litro.
Siamo all’inizio della stagione irrigua con il livello del Po al minimo storico (quindi senza scorte), il 25% di precipitazioni in meno rispetto alla media dell’ultimo ventennio e un tasso di evaporazione alle stelle, che si traduce di fatto in una perdita d’acqua fino a 8 litri per ogni metro quadro. Diverse sono le colture emiliano-romagnole in piena fase di crescita che necessitano d’acqua: al mais serve ancora il 74% del volume annuo richiesto; alla soia, l’84%.
“Abbiamo sollecitato l’Esecutivo – commenta Mario Marini, presidente di Confagricoltura Parma – affinché dia attuazione agli interventi infrastrutturali, già finanziati e in avanzato iter procedurale, capaci di aumentare la resilienza dei territori a far fronte a una situazione climatica che non si prevede migliore nei prossimi anni. L’emergenza non è solo italiana: in Francia e in Europa centrale ci sono analoghe segnalazioni. Confagricoltura è in contatto con le organizzazioni professionali degli altri Paesi per valutare eventuali iniziative in sede europea. A Parma, lo ribadiamo da tempo, serve un’efficace politica di realizzazione, da parte delle istituzioni, di invasi, laghetti e bacini di captazione ad uso plurimo che consentano di immagazzinare acqua nei periodi in cui è presente per poi utilizzarla nel momento in cui ne emerge la necessità. L’agricoltura sta già affrontando difficoltà per l’aumento dei fattori di produzioni e dell’energia e non è in grado di fronteggiare ulteriori problematiche dovute alla scarsità idrica. Senza interventi efficaci è a rischio il futuro del Made in Italy”.