WELFARE AZIENDALE.

Welfare aziendale.

 

Il welfare aziendale è d’ordinario attuato attraverso un accordo sindacale aziendale  (anche se è possibile oggi  stabilire norme simili  con regolamentazioni e concessioni aziendali  autonome), con il quale si stabilisce di riconoscere ai lavoratori dipendenti  beni, servizi, utilità prescindendo da dazioni dirette in denaro. Ciò in quanto, costituendo la remunerazione elemento imponibile, si intende assegnare beni al personale senza le tipiche onerosità – fiscali e contributive – dell’elemento retributivo (anche in natura) abbattendo il c.d. cuneo. L’esperienza conosce una consistente pletora di beni e servizi e istituti, anche organizzativi, tesi a perseguire lo scopo dell’investimento sociale e cioè il beneficio per il prestatore: permessi e aspettative per studio/formazione, master,  frequenza  asili, scuole, tirocini, borse di studio, telelavoro o smart working, congedi, flextime, orari di lavoro multiperiodali, part-time, banca ore, assistenza sanitaria o polizze assicurative, corsi linguistici, campus estivi, mensa, fondo pensioni, trasporto pubblico, voucher, buoni benzina e quanto altro. Recentemente sia la legge Stabilità 2016 (portante modifiche all’art. 51 comma secondo lettera f) TUIR, per le erogazioni a favore dei dipendenti e art. 100 TUIR, per gli oneri di utilità sociale), che la legge di bilancio 2017 (che ha introdotto la lett. f-quater co. 2 art. 51 del TUIR) hanno consentito l’ampliamento dell’istituto. E’ indubbio che gli interventi di Welfare contrattuale, oggi appannaggio di grandi gruppi o aziende possono rappresentare, per tutti i datori di lavoro, elementi idonei ad instaurare aziendalmente un ciclo virtuoso, favorevole al clima lavorativo, per aumentare la competitività e la produttività dell’organizzazione aziendale favorendo e migliorando la vita anche privata e familiare del lavoratore subordinato. Il nucleo familiare. Come detto le possibilità di intervento in tema del welfare aziendale sono riferibili a: servizi aziendali e non per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; flessibilità d’orario; asili nido aziendali e/o contributi o convenzioni agevolate per la  frequenza di asili nido non aziendali; servizi aziendali (assistenza amministrativa per le comuni pratiche burocratiche, servizi di lavanderia, sartoria, check-up); agevolazioni per servizi ricreativi (palestre, centri di fitness, biblioteche e simili); frequenza colonie climatiche estive/invernali per le famiglie dei dipendenti; stipula di polizze assicurative per gli infortuni extraprofessionali; polizze per la assistenza legale; polizze per la assistenza finanziaria e garanzie per prestiti al consumo; iniziative, anche formative, per il risparmio energetico; buoni e sconti per l’acquisto dei testi scolastici per i figli, palestre,  sconti per eventi socio-culturali e ausili culturali, libri, corsi di lingue straniere; buoni pasto; assicurazioni integrative; previdenza complementare; fondi sanitari privati e assistenza medica integrativa; assistenza agli anziani e servizi alle persone; borse di studio per i figli dei dipendenti; trasporti incentivati (pagamento dei biglietti / abbonamenti del trasporto pubblico e/o la concessione di auto aziendali, anche in regime di car sharing). I benefici innanzi  citati sono fruibili, ed esclusi dalla formazione del reddito di lavoro dipendente (a nulla rilevando che i servizi siano assicurati al dipendente da strutture esterne all’azienda), quando sussistono alcune condizioni: – le regole previste per tali  servizi debbono essere stabilite in favore  della generalità dei lavoratori  o di categorie di dipendenti; – hanno l’obiettivo di finalizzare l’intervento per favorire l’educazione, l’istruzione, la  ricreazione, l’assistenza sociale. Diversamente dalla previgente normativa gli oneri di utilità sociale – es. asili nido- (vedasi larticolo 51, comma 2, lettera f-bis del T.U.I.R.  modificato dall’articolo 3, comma 6-bis del DL 16/2012) sono  esclusi dalla formazione del reddito anche se corrisposti in denaro; peraltro l’agevolazione di cui si è detto non è più legata alla volontarietà aziendale  e potrà quindi pacificamente essere assunta come obbligazione contrattualizzata. Come detto innanzi ed in deroga al principio di onnicomprensività stabilito per il reddito da lavoro dipendente (ex art. 51, comma 1, del DPR 917/86 T.U.I.R.), il welfare aziendale potrà, secondo precise casistiche, non concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente né, sulla base del D.Lgs. n. 314/1997, neppure a formare l’imponibile contributivo INPS. Come sancito oggi dall’art. 51, comma 2, del T.U.I.R., non concorrono infatti  a formare il reddito da lavoro dipendente: · lett. a): i contributi di assistenza sanitaria versati ad enti o casse per un importo non superiore a 3.615,20 euro per anno; · lett. c): le somministrazioni di vitto in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi. Le prestazioni sostitutive di mensa (buoni mensa o ticket restaurant) non concorrono sino all’importo complessivo giornaliero di 5,29 euro; · lett. d): le prestazioni di servizi di trasporto collettivo sostenute dall’azienda a favore della generalità o di categorie di dipendenti, anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici; · lett. f): l’utilizzazione delle opere e dei servizi di pubblica utilità di cui al comma 1 dell’art. 100 del T.U.I.R. da parte dei dipendenti e dei loro familiari; · lett. f-bis): le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari; · lett. f-ter): servizi e prestazioni assistenziali erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti; · lett f-quater): i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall’art. 2, co. 2, lett. d), nn. 1) e 2), del Decreto del Ministro del Lavoro del 27 ottobre 2009 o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie; · co. 3: il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta 258,23 euro; · co.4 lett. b): il valore convenzionale degli interessi in caso di concessione di prestiti ai dipendenti (pari al 50% della differenza tra tasso ufficiale di sconto e tasso applicato).

(M. Mazzanti)