Il Ministero dell’Interno ha chiarito (con FAQ) alcuni aspetti in ordine alla nuova normativa prevista dal D.L. n. 34/2020 (art. 103) in materia di regolarizzazione dell’extracomunitario.
In specie si segnala:
- FAQ n. 14 – Relativa alla tipologia di cittadini stranieri che possono beneficiare della procedura ai sensi del comma 1 del citato art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, sia in caso di regolarizzazione di rapporto irregolare che in caso di nuova costituzione di un rapporto di lavoro.
- FAQ n. 15 – Relativa alle conseguenze per i cittadini stranieri che – pur avendo in corso una richiesta di protezione internazionale – partecipano alla procedura di regolarizzazione.
- FAQ n. 16 – Relativa alle possibili attività lavorative per i cittadini stranieri che, a seguito della procedura di regolarizzazione, ottengono un permesso in soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
Il Ministero – sui punti sopra citati – risponde fornendo la seguente chiave interpretativa sovente ampliando, in via interpretativa, la lettura della norma.
Relativamente al quesito sub 1) si precisa che:
“Il datore di lavoro può presentare istanza di regolarizzazione a favore di un cittadino straniero presente sul territorio nazionale, prima dell’8 marzo. Rientrano perciò in tali categorie anche i richiedenti protezione internazionale (a prescindere da quando hanno presentato istanza), i denegati ricorrenti, gli irregolari, i possessori di permesso di soggiorno valido, gli stranieri oggetto di provvedimento di espulsione per violazione delle norme sull’ingresso ed il soggiorno (eccetto quelli previsti dal comma 10, lettera a) dell’art.103), i titolari di permesso di soggiorno non convertibile in permesso di lavoro (a titolo esemplificativo e non esaustivo studio, turismo, cure mediche, motivi religiosi, protezione speciale….)”.
In sostanza il Ministero dell’Interno chiarisce che la regolarizzazione dello straniero presente dallo scorso 08/03/2020 può avvenire in favore del soggetto che si trovi in una delle seguenti condizioni:
- non abbia alcun titolo di soggiorno;
- abbia richiesto la protezione internazionale o abbia presentato ricorso contro il diniego di protezione internazionale;
- abbia un permesso di soggiorno valido;
- i titolari di permesso di soggiorno non convertibile in permesso di lavoro (a titolo esemplificativo e non esaustivo: per motivo di studio, turismo, cure mediche, motivi religiosi, protezione speciale);
- sia stato oggetto di provvedimento di espulsione per violazione delle norme sull’ingresso ed il soggiorno. Si ricorda in proposito che ai sensi del comma 10, lettera a) dell’art.103 del decreto-legge n.34/2020 non sono invece ammessi alla procedura i cittadini stranieri nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell’articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni (espulsi per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato in quanto abitualmente dediti a traffici delittuosi o reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica; soggetti espulsi in quanto indiziati di appartenere alle associazioni mafiose o alle organizzazioni terroristiche, anche internazionali).
Relativamente al quesito sub 2), il Ministero chiarisce che:
“Per richiedere il permesso di soggiorno per lavoro a seguito della procedura di regolarizzazione, il cittadino straniero non è tenuto a rinunciare alla richiesta di protezione internazionale. Nel caso in cui, dopo l’ottenimento del permesso di soggiorno, il lavoratore si veda riconosciuta anche la protezione internazionale dovrà optare per uno dei due titoli”.
Il Ministero dell’Interno prevede, quindi, che i soggetti i quali abbiano già presentato richiesta di protezione internazionale e vengono coinvolti nell’attuale procedura di regolarizzazione non sono costretti a rinunciare alla precedente richiesta. Potranno dunque ottenere intanto il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Solo qualora dovesse venire accolta anche la richiesta di protezione internazionale saranno costretti ad optare per l’uno o per l’atra forma di permesso (lavoro subordinato o protezione internazionale).
In merito al quesito sub 3), si prevede che:
“Il permesso di soggiorno per lavoro ottenuto a seguito della procedura di regolarizzazione consente al lavoratore di poter svolgere, in seguito, qualsiasi attività lavorativa”.
Il Ministero dell’Interno adotta, anche in tale ipotesi, un’interpretazione estensiva della normativa sulla regolarizzazione, chiarendo che il permesso di soggiorno ottenuto a seguito della procedura di regolarizzazione consente al lavoratore di poter svolgere, in seguito, qualsiasi attività lavorativa (e non solo nei settori di attività dell’agricoltura, del lavoro domestico e dell’assistenza alla persona).
(M. Mazzanti)