Con nota n. 856/2022 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (I.N.L.) ha pubblicato un vademecum a chiarimento di alcuni rilevanti aspetti applicativi della maxi sanzione per lavoro sommerso ed irregolare (c.d. in nero), introdotta con l’articolo 3 del decreto legge n. 12/2002 (conv. in l. 23 aprile 2002 n. 73).
La nota chiarisce e riassume molti aspetti della norma; in specie relativamente all’ambito soggettivo si specifica che la “maxi sanzione” si applica in genere ai datori di lavoro privati, alle imprese, comprese quelle dell’agricoltura, agli enti pubblici economici, alle persone fisiche che utilizzino prestazioni di lavoro occasionali (col libretto famiglia) disattendendo le prescrizioni previste (art. 54-bis, comma 6, lett. a, del d.l. n. 50/2017). sono esclusi dalla maxi sanzione i datori di lavoro domestico, semprechè il lavoro domestico non dissimuli altre tipologie lavorative. Il lavoro irregolare oggettivamente si qualifica qualora si abbiano contestualmente:
· l’omissione datoriale relativa alla comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro (entro le ore 24 del giorno antecedente);
· la sussistenza, nel caso concreto, di un rapporto di lavoro che sia ascrivibile alle forme della subordinazione (ex art . 2094 c.c.).
Di norma quindi la maxi sanzione non si applica nel contesto di rapporti lavorativi presenti in un ambito societario così come nell’alveo familiare.
La nota I.N.L. rammenta poi (in forza delle scriminanti previste dall’art. 3, comma 4, del d.l n. 12/2002 ovvero in caso di adesione del datore alla diffida ispettiva ex art. 22, comma 3-ter, del d.lgs. n. 151/2015) che il datore “infedele” può evitare la maxi-sanzione attraverso comportamenti che, accertati nel corso dell’accesso ispettivo, evidenzino sostanzialmente la volontà del datore di non occultare il rapporto di lavoro o comunque di sanare l’inadempimento.
Secondo l’I.N.L. gli ispettori del lavoro non adotteranno la maxi sanzione qualora sia intervenuta la integrale e spontanea regolarizzazione del rapporto di lavoro ab origine in “nero”, prima cioè dell’ accertamento della irregolarità da parte di organismi di vigilanza in materia lavoristica, previdenziale o fiscale o comunque prima della possibile convocazione per l’espletamento del tentativo di conciliazione monocratica, ovvero in caso di differente qualificazione del rapporto di lavoro.
Si ricorda che la intervenuta regolarizzazione si perfeziona nei casi in cui il datore abbia – entro la scadenza del primo adempimento contributivo, in pratica fino al giorno 16 del mese successivo a quello di inizio della prestazione irregolare – effettuato la comunicazione di assunzione; restano ferme le diverse sanzioni relative alla violazione degli adempimenti previdenziali e rispetto alla tardiva comunicazione oppure nel caso sia inutilmente spirato il termine del precitato primo adempimento contributivo ed il datore abbia – entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi dovuti all’I.N.P.S. – comunque spontaneamente denunciato la propria situazione (la norma prevede altre correlate condizioni quali il versamento dei contributi dovuti e sanzioni civili connesse, entro trenta giorni dalla denuncia, nonché la comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da cui risulti la data di effettivo inizio della prestazione).
Ancora non si avrà la maxi sanzione in caso di ottemperanza alla diffida degli ispettori attraverso:
a) l’assolvimento da parte dell’azienda delle disposizioni contenute nella diffida elevata in sede ispettiva e proceda, per i dipendenti in forza, alla regolarizzazione del rapporto in “nero”; la diffida ispettiva si considera a buon fine e non si avrà la sanzione quando il datore nei 120 giorni dalla notifica del verbale abbia provveduto alla instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato vuoi mediante un contratto a tempo indeterminato, anche part-time con un riduzione oraria non superiore al 50% vuoi con un contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, oppure attraverso il mantenimento al lavoro dei dipendenti in nero per un periodo (al netto dei giorni di lavoro irregolari) di almeno tre mesi (90 giorni di calendario);
b) quando il datore di lavoro procede alla regolarizzazione per dipendenti assunti ed occupati successivamente ad un periodo di lavoro nero; la regolarizzazione riguarda ovviamente solo il periodo di lavoro irregolare ciò a condizione che il datore, nel termine di 45 giorni, dalla diffida, proceda alla rettifica della data di effettivo inizio del rapporto, al pagamento dei contributi, al pagamento delle sanzioni in misura minima;
c) quando il datore di lavoro procede alla regolarizzazione di dipendenti occupati ma non assunti secondo legge ma non presenti ed in forza all’atto dell’accesso ispettivo.
Nelle ultime due ipotesi il datore di lavoro non è onerato del mantenimento in servizio “per almeno tre mesi” del personale irregolare poiché ciò è previsto dalla legge unicamente per i lavoratori trovati in azienda al momento dell’accesso ispettivo.
In particolare per quanto riguarda il settore agricolo appare utile infine il raccordo con la precedente nota I.N.L. (prot. n. 151) del 2/2/2022, relativamente alla possibile sospensione dell’attività aziendale disposta dagli ispettori del lavoro e qualora si accerti l’irregolare occupazione di lavoratori nell’azienda agricola in ragione della intrinseca stagionalità dei lavori e/o dalla natura avventizia delle prestazioni di lavoro.
Nella nota del febbraio scorso infatti l’Ispettorato nazionale chiarisce che per ottenere la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale non è necessario il mantenimento “forzoso” del rapporto di lavoro dei lavoratori irregolari, per almeno 3 mesi, come in precedenza visto; rispetto al lavoro nero in agricoltura si avrà quindi, salvo il caso inerente il personale extracomunitario per il quale si prevedono ulteriori requisiti (pagamento della somma sanzionatoria aggiuntiva, pagamento dei contributi di legge ed inoltro delle denunzie contributive inps), un doppio binario:
in relazione all’andamento produttivo ed alle colture in essere sarà per il datore di lavoro agricolo “possibile la regolarizzazione del personale interessato con soluzioni contrattuali diverse, pur sempre compatibili con la prestazione di lavoro subordinato già resa” anche se meramente ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell’attività; nel caso in cui la assunzione avvenga per un lasso temporale inferiore ai tre mesi, l’azienda non potrà accedere al trattamento sanzionatorio più favorevole previsto in caso di diffida; nelle altre ipotesi si dovrà applicare il regime ordinario definendo, ad esempio, per i dipendenti irregolari in violazione delle norme, nuovi rapporti di lavoro vuoi con contratto a tempo indeterminato, anche part-time (non meno del 50%), o contratti a termine (a tempo pieno) e di durata di almeno 3 mesi.
(M. Mazzanti)