Lavoro: si entra solo con il Green Pass.

Pubblicato (dopo la firma del Presidente della Repubblica) in Gazzetta Ufficiale (n. 226 del 21/09/2021) il Decreto legge 21 settembre 2021, n. 127, recante “Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e provato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 ed il rafforzamento del sistema di screening”.

Con il decreto legge in parola, il Governo ha adottato, per l’accesso al lavoro, ampliando le disposizioni già contenute nel precedente decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, le cosiddette “certificazioni verdi – COVID-19” (Green Pass).

In particolare l’art. 3 del Decreto legge contiene le regole per gli ambiti lavorativi privati.

In sintesi, allo scopo di prevenire l’infezione da COVID e sino alla cessazione dello stato di emergenza, dal 15 ottobre a fino al 31 dicembre 2021, a chiunque svolga una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, per accedere ai luoghi in cui l’attività lavorativa è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19.

La disposizione si applica anche a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato, anche sulla base di contratti esterni (appalti, lavoratori autonomi, ecc. …).

Le regole di cui si è detto, viceversa, non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale poiché in possesso di idonea certificazione medica, attestante l’impedimento sanitario.

Secondo il decreto, i datori di lavoro sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni innanzi descritte.

Per i lavoratori esterni all’azienda (appalto di servizi o d’opera), la verifica sul rispetto delle prescrizioni, oltre che dai titolari dell’aziende fruitrice, è effettuata anche dai rispetti datori di lavoro.

La norma prevede oneri a carico dei datori di lavoro privati; all’art. 3, comma 5, si prevede, infatti, che i datori di lavoro debbono definire le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuando formalmente i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi.

La carenza del titolo “green” ha conseguenze rilevanti per i lavoratori.

I lavoratori dipendenti privati, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, sono infatti considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della certificazione e, comunque, fino al 31 dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.

Nelle piccole aziende (quelle con meno di 15 dipendenti) il decreto prevede – con norma di complessa lettura ed interpretazione –  che, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il termine del 31 dicembre 2021.

In caso di mancata adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure organizzative o per la mancata verifica delle certificazioni, questi rischia una sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro.

L’accesso dei lavoratori nei luoghi di lavoro in violazione degli obblighi di certificazione verde COVID-19 è invece punito con una sanzione (maggiore di quella per il datore) da 600 a 1.500 euro.

Le sanzioni sono applicate dal Prefetto al quale verranno trasmessi, dagli incaricati individuati aziendalmente per l’accertamento e la contestazione, gli atti relativi alla violazione.

Il controllo dovrà essere effettuato, come si accennava, preferibilmente al momento dell’accesso nel luogo di lavoro.

Il decreto legge prevede, in sintesi, una ampia platea di soggetti e non distingue i luoghi cosicché i divieti sono previsti per tutti i settori produttivi, compreso quello agricolo, senza distinguere tra spazi chiusi, aperti o semi chiusi, indistintamente rispetto i settori di appartenenza; per il settore dell’agricoltura, l’azienda potrà effettuare il controllo anche in un diverso momento, stante la particolarità dell’attività agricola, la conformazione aziendale ed in particolare in relazione agli spazi aperti o quando l’accesso al fondo non avvenga presso  varchi controllati o controllabili.

Non è inutile ricordare che il certificato verde si ottiene quando il soggetto ha ottenuto la vaccinazione anti-SARS-CoV-2; quando l’interessato è guarito dal COVID-19 ovvero in caso di effettuazione di test antigenico rapido o molecolare con esito negativo al virus SARS-CoV-2.

(M. Mazzanti)