Lavoro Agricolo Irregolare: approvato dal Senato il progetto del Governo.

Lavoro Agricolo Irregolare: approvato dal Senato il progetto del Governo.

 

Il 1° di agosto, il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge n. 2217 concernente “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”, in sostanza si tenta di disciplinare ex novo la materia del lavoro agricolo irregolare con norme più severe in tema di caporalato, di contrasto al lavoro nero e dello sfruttamento dei lavoratori.

Un coacervo di norme fortemente connotate ideologicamente, frutto della martellante opera propagandistica sindacale, della tradizionale insipienza della politica, della pervasiva onnipresenza delle burocrazie, del politicamente corretto, del giustizialismo oramai imperante in tutti i campi, del leviatano.

Una delle norme qualificanti il provvedimento è il nuovo testo dell’art. 603 bis del codice penale, che prevede (peraltro per tutti i settori produttivi) una nuova disciplina per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro: “E’ punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:

1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;

2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”.

Il concetto di “sfruttamento” è il punto focale del testo normativo.

Costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:

1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato,

2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;

3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro;

4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti”.

In buona sostanza, la mera, ancorché reiterata, inottemperanza ad obblighi di carattere contrattuale e cioè in ordine alla corresponsione del salario (se difforme dal contratto collettivo di lavoro), all’organizzazione del lavoro (orario di lavoro, riposo settimanale domenicale, ad una sconosciuta “aspettativa obbligatoria”, alle ferie – che per inciso per i lavoratori agricoli avventizi non sono contrattualmente previste) determinano la sussistenza della fattispecie penale: l’imprenditore è cioè un delinquente se usa, indipendentemente dalla esistenza di un caporale, personale “non in regola”, secondo i parametri contrattuali collettivi: si passa dal civile al penale senza colpo ferire; dal Giudice del Lavoro al Giudice Penale.

Drammatica è, però, la conseguenza della condotta: la norma introduce, infatti, un nuovo articoletto, il 603 bis.2, in tema di confisca obbligatoria:

In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti previsti dall’articolo 603 bis, è sempre obbligatoria, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni ed al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato. Ove essa non sia possibile è disposta la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato”.

In pratica l’imprenditore agricolo “sfruttatore” che ha, ad esempio, assunto in nero, non ha fatto godere del riposo domenicale ai dipendenti, non ha concesso le ferie, ha esagerato con l’orario di lavoro, è spogliato dei propri beni, della terra, delle macchine agricole, che passano allo Stato.

Per il reato è previsto l’arresto obbligatorio in fragranza; il nostro agricoltore sarà, quindi, tradotto al carcere; sarà però in buona compagnia tra assassini, stupratori, rapinatori, terroristi e quanto altro.

Nelle more giudiziali si potrà comunque avere il sequestro dei beni o in alternativa il controllo giudiziario dell’azienda agricola, una sorta di amministrazione controllata sotto l’egida giudiziale e volta a conservare la struttura aziendale e la produzione (art. 3 D.L.).

Rispetto al testo pervenuto in Senato sono cadute alcune proposte estremamente penalizzanti. Sventata l’introduzione degli indici di congruità (rilevanti sotto il profilo contributivo, una sorta di nuova tabella ettaro – coltura / imponibile di manodopera), mentre l’adattamento delle denunce contributive con uso del sistema Uniemens al settore agricolo è stato ricondotto agli elementi propri del DMAG, quali la tariffazione ed il pagamento trimestrale.

Il Libro Unico del lavoro (LUL) in modalità telematica – quale unico documento per gli adempimenti in materia previdenziale e contributiva – sostituisce il sistema Uniemens.

Il testo modifica in alcuni punti anche le regole sulla c.d. “Rete del lavoro agricolo di qualità”.

Mutano i requisiti per la iscrivibilità delle aziende alla Rete.

a) non avere riportato condanne penali per violazione della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, per delitti contro la pubblica amministrazione, delitti contro l’incolumità pubblica, delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, delitti contro il sentimento per gli animali ed in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, delitti di cui agli artt. 600, 601, 602 e 603 bis del codice penale.

  1. b) non essere state destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative, ancorché non definitive, per violazioni in materia di lavoro, legislazione sociale e rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse. La … disposizione non si applica laddove il trasgressore o l’obbligato in solido abbiano provveduto, prima della emissione del provvedimento definitivo, alla regolarizzazione delle inosservanze sanabili ed al pagamento in misura agevolata delle sanzioni entro i termini previsti dalla normativa vigente in materia”.

Se nulla si può obiettare sul punto a), anche se pare francamente opinabile – in tema di lavoro irregolare – prevedere come ostativo alla iscrivibilità la commissione di delitti contro il sentimento degli animali o le regole fiscali ed IVA, ma tant’è!, molto si può dire sul punto b), che rende non iscrivibili alla rete tutte le aziende colpite null’ultimo triennio da sanzioni amministrative (anche non definitive), in materia di violazioni delle norme sul lavoro in senso lato, comprese le norme fiscali; è paradossale la generalizzazione operata dalla norma, non discriminando tra sanzioni gravi e sanzioni meno gravi, anche una multarella di 50 euro (magari per un banale ritardo nella comunicazione di una qualsiasi delle miriade di adempimenti aziendali) può impedire il riconoscimento della “qualità” aziendale.

Ancora l’agricoltore sarà considerato un “intoccabile” qualora non applichi i contratti di lavoro.

Previsto poi l’allargamento di soggetti nuovi astrattamente interessati alla adesione alla rete (sportelli Unici per l’immigrazione; istituzioni locali; enti bilaterali, agenzia per il lavoro, altri intermediari, ecc.). Dal punto di vista organizzativo la rete si articolerà a livello territoriale. Nuove regole per la “Cabine di Regia”; previste norme per il riallineamento contributivo. Il disegno di legge passa ora alla Camera, è auspicabile un forte intervento delle organizzazioni agricole e non solo, per portare alla modifica delle parti connotate da alte criticità e tese alla surrettizia criminalizzazione del settore produttivo primario.

(M. Mazzanti)