Lavoro a termine

Con recente circolare n. 9, del 9 ottobre 2023,  il Ministero del Lavoro ha fornito proprie istruzioni  circa la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato come modificata dalla Legge n. 85/2023, di conversione del D. L. n. 48/2023 (cd. decreto Lavoro). Come si ricorderà la materia aveva subito, a cura del governo Conte, una importate riforma con il c.d. “decreto dignità” (D. L.  n. 87/2018) che aveva modificato la previgente disciplina del contratto a termine reintroducendo in particolare (al fine velleitario di ridurre la precarietà) oltre alle meccaniche diverse sui tempi, le vecchie causali.

 

La nuova circolare interviene illustrando le nuove regole sulle causali (previste in capo alla contrattazione collettiva, per esigenze di sostituzione ovvero, in mancanza di una previsione da parte della contrattazione collettiva, per “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” delle parti), sui contratti acausali (primi 12 mesi anche con più contratti a termine), sulla “moratoria” dei contratti acausali dal 5 maggio 2023, per 12 mesi e infine sul lavoro in somministrazione.

 

Rammentiamo, per scrupolo, che il lavoro a termine in agricoltura riguarda il personale impiegatizio poiché il personale operaio è escluso dalla normativa generale, da ultimo, in virtù della previsione dell’art. 29 del D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act). La nota ministeriale evidenzia come il decreto-legge n. 48 del 2023 abbia conservato il limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato, fissato in ventiquattro mesi, salva la diversa contrattazione collettiva, così come la possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a tempo determinato (per un massimo di dodici mesi) se effettuata presso l’ispettorato del lavoro – ITL.

 

Il nuovo decreto viceversa modifica le condizioni che consentono l’apposizione del termine al contratto di lavoro; l’articolo 24 del D.L. cambia la disciplina delle condizioni (articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81), delle proroghe e dei rinnovi (articolo 21), nonché sulle modalità di computo dei limiti percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto di somministrazione (articolo 31).

 

Soppresse le pregresse condizioni riferite ad esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività (contemplate alla previgente lettera a) e alle esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria (di cui alla previgente lettera b)).

 

Con le nuove lettere a) e b), integrative della previgente Jobs act (art. 19, c.1, D.Lgs. n. 81/2015), si è  inteso valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva(contratti  nazionali, territoriali o aziendali) se stipulati dalle associazioni più rappresentative) ai fini  della individuazione dei casi che consentano di apporre al contratto un termine superiore ai dodici mesi; in assenza di normativa contrattuale  la riforma  introduce, supplendo la carenza,  la possibilità che le parti del contratto individuale possano individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva tali da consentire l’apposizione di un termine al contratto di durata superiore ai 12 mesi (ma  non superiore ai 24 mesi).

 

La deroga ha valore solo per i contratti stipulati fino al 30 aprile 2024.  La nuova lettera b-bis) del decreto riafferma la possibilità per il datore di ricorrere al contratto a termine quando abbia la necessità di sostituire altri lavoratori. La nuova norma regola più chiaramente (comma 1-bis dell’articolo 24) il regime delle proroghe e dei rinnovi che, nei primi dodici mesi, possono  intervenire  senza specificare alcuna condizione. Confermati gli effetti sanzionatori (trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato) in caso di violazione delle regole di quanto previsto.

 

Ai fini dei meccanismi temporali di legge – proroghe e rinnovi – si tiene conto dei contratti definiti, tra le stesse parti, prima del 5 maggio 2023 che non concorrono al raggiungimento del termine di dodici mesi entro il quale viene consentito liberamente il ricorso al contratto di lavoro a termine.

(M. Mazzanti)