INFORTUNIO IN ITINERE IN ATTIVITÀ AGRICOLA CONNESSA.

Infortunio in itinere in attività agricola connessa.

 

Con una recente ed interessante sentenza, la cassazione si pronuncia sulla fattispecie dell’infortunio in itinere nell’ambito di una attività agricola connessa (avuto riguardo peraltro anche uno scambio di manodopera ex art. 2.139 c.c.).

La causa trae origine da una alquanto singolare situazione di fatto.

In sintesi, il titolare di un’azienda agricola anni addietro fu investito da un autoveicolo mentre, a piedi, stava recandosi a pagare una fattura di acquisto di gasolio per conto del figlio, titolare di altra azienda agricola. Dall’investimento conseguì la morte dell’investito. Il coniuge ed erede del defunto convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale, l’Inail chiedendo il riconoscimento delle prestazioni previste per legge ai superstiti, sul presupposto che il defunto collaborava personalmente nell’azienda agricola del figlio a titolo di reciprocanza gratuita (art. 2.139 c.c. – scambio di manodopera) e che l’infortunio in itinere si era verificato mentre stava prestando tale collaborazione. Il Tribunale adito rigettò la domanda e la decisione impugnata, venne successivamente confermata dalla Corte di Appello. A fondamento della decisione la Corte ebbe ad osservare come l’infortunio si fosse verificato nell’adempimento di un dovere o di un interesse personale dell’agricoltore, e non invece nello svolgimento dell’attività agricola, da intendersi come attività funzionalmente collegata al lavoro agricolo per la quale solo sussiste la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro. Sempre secondo la Corte di Appello non sussistevano altresì i presupposti della reciprocanza, come disciplinata dall’art. 2.139 c.c.; sotto l’aspetto previdenziale ed assicurativo, ciò comporta che l’attività di scambio deve ricollegarsi al fondo in maniera sostanziale e funzionale, nel senso che si deve trattare di prestazioni agricole reciproche, con la conseguenza che non è sufficiente che lo scambio avvenga tra una prestazione agricola ed una prestazione di genere diverso. Gli eredi del defunto presentarono ricorso alla Suprema Corte di Legittimità. Alquanto articolata la disamina della Corte di Cassazione. Il punto controverso è se, nelle citate circostanze di fatto, possa configurarsi lo svolgimento di un’attività agricola e, conseguentemente, l’occasione di lavoro necessaria ai sensi dell’art. 2 del d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, per ricomprendere l’infortunio nella tutela assicurativa. Più in particolare, se (ed in quali limiti) possa rientrare tra i casi di infortuno avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, quello che si produca a carico del lavoratore agricolo nel corso di uno spostamento, che si sia reso necessario per recarsi dai locali della sua azienda in altro luogo per motivi diversi da quelli strettamente inerenti alla attività di produzione ma connessi a questa. La Corte di Cassazione, anche in precedenza, partendo dall’esame delle fonti normative (artt. 205 e 207 del T.U. INAIL, art. 2.135 c.c.), ha definito compiutamente il concetto di attività connessa definendo un rilevante principio secondo il quale “deve ritenersi che la tutela assicurativa sussista in caso di attività connesse, ossia di attività dirette alla alienazione, trasformazione o commercializzazione dei prodotti agricoli che rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura (Cass. 8 luglio 2005, n. 14343; Cass. 8 maggio 2004, n. 8795; Cass. 26 giugno 2004, n. 11929; Cass. 5 luglio 2002, n. 9757)”. Parimenti, ha precisato come, con riguardo alla tutela infortunistica, il presupposto si fonda sul fatto che “l’attività in occasione della quale l’infortunio si verifica abbia il duplice carattere della manualità, inteso in senso lato, e della abitualità delle occupazioni protette (art. 205 d.p.r. cit.): sono, infatti, queste due caratteristiche a differenziare l’attività del lavoratore agricolo esposto al rischio assicurato da quello di colui che, pur operando nel settore dell’agricoltura, svolge attività di natura organizzativa o imprenditoriale (Cass. 7 agosto 1991, n. 9183). Nell’attività tutelata rientrano anche le mansioni di carattere meramente esecutivo, che possono essere svolte indifferentemente sia dallo stesso lavoratore – imprenditore che da un qualsiasi prestatore d’opera dipendente, ma si aggiunge che esse debbono essere caratterizzate da manualità, intesa nel senso che comportino la esposizione del soggetto. Alla eventualità di un danno alla sua corporeità (Cass. 5 luglio 2002, n. 9757; Cass. 1 ottobre 1997, n. 9600; Cass. 7 novembre 1998, n. 12374)”. Ancora “non rientra invece nel concetto di attività agricola, e deve conseguentemente escludersene la tutela assicurativa, quella parte di attività di carattere propriamente individuale – imprenditoriale, ossia quella volta alla organizzazione e direzione dell’attività economica aziendale: in ipotesi di evento lesivo verificatosi mentre il soggetto tutelato svolge mansioni inerenti all’acquisto di strumenti o materiali occorrenti per l’attività economica dell’azienda, l’operatività della tutela antinfortunistica è condizionata all’accertamento che tali mansioni rientrino in operazioni di uso corrente e non esprimano invece una valutazione ed una scelta di carattere organizzativo imprenditoriale (in tal senso, Cass. 8 maggio 2004, n. 8795)”. La Cassazione, nella richiamata sentenza, ripercorrendo, poi, almeno 20 anni di giurisprudenza ha – relativamente all’infortunio in itinere (durante cioè gli spostamenti dl lavoratore diretti ad acquisire beni necessari per la produzione) –  ha dato atto di precedenti distinzioni: l’acquisto di beni direttamente necessari per la produzione agricola, che rientra nella attività protetta e quindi nella occasione di lavoro (quali l’acquisto del bestiame: Cass. 2 giugno 1998 n. 5416; l’affitto del terreno da adibire a pascolo: Cass. 5 febbraio 1992 n. 1241; l’acquisto di una macchina seminatrice: Cass. 2 luglio 2002 n. 9757); l’acquisto (o la consegna) di beni necessari per l’organizzazione amministrativa e contabile, che rientrano nell’attività imprenditoriale-organizzativa dell’azienda esulano dall’attività protetta (v. anche Cass. 11929/2004). L’operazione “manuale abituale” può assumere contorni definiti dovendo in esso essere ricompresa ogni operazione che, si svolga all’interno o all’esterno dei locali aziendali, comunque “concorra a ritenere conclusa la prestazione, costituendone la funzionale integrazione” (Cass. n. 5416/1998, cit.). Ancora, l’acquisto del materiale necessario per lo svolgimento dell’attività di impresa, così come la vendita dei prodotti e le attività ad esse preliminari e consequenziali, in quanto connessi, complementari e accessori, diretti all’alienazione dei prodotti agricoli (art. 207 d.P.R. cit.) sono senz’altro da ritenersi compresi nell’assicurazione contro gli infortuni, quantunque tali operazioni facciano parte di un’attività più largamente imprenditoriale-speculativa (ancora Cass. n. 5416/1998). Anche il pagamento, in quanto atto legato da vincolo sinallagmatico all’acquisto di prodotti necessari per la coltivazione della terra, rientra tra le attività manuali e abituali nei sensi suindicati, non essendo consentito all’interprete – alla luce della ratio delle norme in tema di infortuni sul lavoro – differenziarne le conseguenze sotto il profilo della tutela infortunistica rispetto al momento dell’acquisizione del bene: il pagamento del prezzo di una fornitura, sia esso dovuto ed eseguito al momento dell’adempimento della controprestazione, e cioè alla consegna della cosa, sia esso dovuto ed eseguito successivamente, è, in ogni caso, momento essenziale e fisiologico della operazione volta all’acquisizione del bene necessario per lo svolgimento dell’attività di impresa. Relativamente al caso dedotto in causa, la Corte di Cassazione ha quindi sancito alla luce della giurisprudenza precedente – posto che l’attività volta all’acquisto del gasolio necessario per alimentare i mezzi di lavorazione della terra –  che ciò è attività connessa e complementare all’attività agricola, alla quale si collega sotto il profilo economico e funzionale, allo stesso modo il pagamento, in quanto costituisce un atto dovuto ed ineludibile dell’unica operazione commerciale, partecipa della stessa natura connessa e complementare all’attività agricola, indipendentemente dal momento in cui esso è eseguito, trattandosi di attività connessa, complementare e accessoria all’attività agricola, in quanto necessaria per il suo stesso svolgimento (art. 207, 2 co., T.U. cit.), stabilendo quindi un principio assai innovativo. In estrema sintesi, questa la massima della sentenza della Cassazione Sez. lavoro del 17 febbraio 2017, n. 4277: “Anche il pagamento, in quanto atto legato da vincolo sinallagmatico all’acquisto di prodotti necessari per la lavorazione della terra, rientra tra le attività manuali ed abituali, non essendo consentito all’interprete – alla luce della ratio delle norme in tema di infortuni sul lavoro, differenziarne le conseguenze sotto il profilo di tutela infortunistica rispetto al momento dell’acquisizione del bene: il pagamento del prezzo di una fornitura, sia esso dovuto ed eseguito al momento dell’adempimento della controprestazione, e cioè alla consegna della cosa, sia esso dovuto ed eseguito successivamente, è, in ogni caso, momento essenziale e fisiologico della operazione volta all’acquisizione del bene per lo svolgimento dell’attività di impresa”.

(M. Mazzanti)