Impianti audiovisivi e sicurezza: nuova circolare I.T.L..

Impianti audiovisivi e sicurezza: nuova circolare I.T.L..

Come si ricorderà, l’art. 23 del D.lgs. n. 151/2015 (in applicazione del Jobs Act – Legge delega n. 183/2014) aveva introdotto nuove regole in materia di sicurezza e controlli a distanza e modificato l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Il nuovo articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, come novellato dall’art. 23 del d.lgs. n. 151/2015, prevede che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati solo per il perseguimento di finalità lecite (esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro, tutela del patrimonio aziendale) e solo dopo l’ottenimento di una specifica autorizzazione all’installazione medesima; come il precedente, l’impiego dei predetti strumenti deve essere, quindi, regolamentato con apposito accordo collettivo da stipulare con la rappresentanza sindacale unitaria o con le rappresentanze sindacali aziendali (ovvero, per le imprese con unità produttive situate in province differenti oppure in più regioni, con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale).

In caso di mancato accordo con le rappresentanze sindacali, si potrà interessare l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, che può sopperire al mancato accordo con le rappresentanze sindacali rilasciando direttamente l’autorizzazione (per le imprese dislocate su territori diversi è competente il Ministero del lavoro).

Non è necessaria la autorizzazione (sindacale o amministrativa) per installare quegli strumenti che servono al dipendente per eseguire la prestazione lavorativa e di quelli necessari per registrare gli accessi e le presenze. Questi strumenti, quindi, potranno essere installati e utilizzati senza la necessità di seguire le procedure di autorizzazione ordinarie (smartphone, pc, tablet, rilevatori entrata ed uscita).

La norma prevede la possibilità di utilizzare “a tutti i fini connessi ai rapporti di lavoro” le informazioni raccolte attraverso i dispositivi di controllo a distanza (articolo 4, c.3, dello Statuto dei lavoratori, come novellato dall’art. 23 del d.lgs. n.151/2015).

Le informazioni così raccolte potranno essere utilizzate, a fronte di adeguata informazione ai lavoratori delle modalità d’uso degli strumenti loro affidati e delle modalità di effettuazione dei controlli in ottemperanza a quanto previsto dalle disposizioni in materia di protezione dei dati personali (Codice della privacy).

Con circolare n. 5 del 19 febbraio 2018, l’Ispettorato nazionale del Lavoro ha illustrato le indicazioni operative utili per l’installazione e utilizzazione degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti di controllo.

In primo luogo, l’I.T.L. precisa che “le eventuali condizioni poste all’utilizzo delle varie strumentazioni utilizzate devono essere necessariamente correlate alla specifica finalità individuata nell’istanza senza ulteriori limitazioni di carattere tecnico che talvolta finiscono per vanificare l’efficacia dello stesso strumento di controllo. L’eventuale ripresa dei lavoratori, di norma, dovrebbe avvenire in via incidentale e con carattere di occasionalità ma nulla impedisce,. Se sussistono le ragioni giustificatrici del controllo (ad esempio tutela della “sicurezza del lavoro”, o del “patrimonio aziendale”), di inquadrare direttamente l’operatore, senza introdurre condizioni quali, per esempio, “l’angolo di ripresa” della telecamera oppure “l’oscuramento del volto del lavoratore””.

Sempre in tema di videosorveglianza, l’I.T.L. prevede che non siano giustificati limiti al numero degli apparecchi o al posizionamento degli stessi poiché le riprese “effettuate devono necessariamente essere coerenti e strettamente connesse con le ragioni legittimanti il controllo e dichiarate nell’istanza, ragioni la cui effettiva sussistenza va sempre verificata in sede di eventuale accertamento ispettivo. Ciò in quanto lo stato dei luoghi ed il posizionamento delle merci o degli impianti produttivi è spesso oggetto di continue modificazioni nel corso del tempo (si pensi ad esempio alla rotazione delle merci nelle strutture della grande distribuzione) e pertanto rendono scarsamente utile una analitica istruttoria basata su planimetrie che nel corso del breve periodo non sono assolutamente rappresentative del contesto lavorativo”.

Sul punto si veda anche la nota 28 novembre 2017, n. 17024, conferma all’odierna circolare. La circolare considera, quindi, ragioni giustificatrici primariamente la “tutela del patrimonio aziendale”.

L’I.T.L. precisa preliminarmente che “tale problematica non si pone per le richieste che riguardano dispositivi collegati ad impianti di antifurto che tutelano il patrimonio aziendale in quanto tali dispositivi, entrando in funzione soltanto quando in azienda non sono presenti lavoratori, non consentono alcuna forma di controllo incidentale degli stessi e, pertanto, possono essere autorizzati secondo le modalità di cui alla nota n. 299 del 28 novembre 2017”.

Più approfondita la disamina della fattispecie quando i dispositivi di sicurezza operino in presenza di personale.

Secondo l’I.T.L., in tale caso, “la generica motivazione di “tutela del patrimonio” va necessariamente declinata per non vanificare le finalità poste alla base della disciplina normativa”.

Secondo l’I.T.L. occorre riferirsi ai princìpi enucleati dal Garante della Privacy, secondo il quale i princìpi di legittimità e determinatezza del fine perseguito, nonché della sua proporzionalità, correttezza e non eccedenza, impongono una gradualità nell’ampiezza e tipologia del monitoraggio, che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimandoli solo a fronte della rilevazione di specifiche anomalie e comunque all’esito dell’esperimento di misure preventive meno limitative dei diritti dei lavoratori.

Per inciso, la Corte di Cassazione ha chiarito che la sussistenza dei presupposti legittimanti la tutela del patrimonio aziendale mediante le visite personali di controllo va valutata in relazione ai mezzi tecnici e legali alternativi attuabili, all’intrinseca qualità delle cose da tutelare, alla possibilità per il datore di lavoro di prevenire ammanchi attraverso l’adozione di misure alternative (Cass. sent. n. 84/5902).

In pratica, secondo l’I.T.L., tra gli elementi che devono essere valutati nella comparazione dei contrapposti interessi, non possono non rientrare anche quelli relativi all’intrinseco valore ed alla agevole asportabilità dei beni costituendi il patrimonio aziendale.

Relativamente alle telecamere, l’I.T.L. specifica, relativamente alle nuove tecnologie (pc. internet, accessi remoti, ecc. …) “che, ove sussistano le ragioni giustificatrici del provvedimento , è autorizzabile da postazione remota sia la visione delle immagini “in tempo reale” che registrate, anche se l’accesso da postazione remota alle immagini “in tempo reale” deve essere autorizzato solo in casi eccezionali debitamente motivati, tracciando comunque gli accessi”.

Relativamente al “perimetro” spaziale di applicazione della disciplina, l’orientamento giurisprudenziale tenda ad identificare come luoghi soggetti alla normativa in questione anche quelli esterni dove venga svolta attività lavorativa in modo saltuario od occasionale (ad es. zone di carico e scarico merci). La Corte di Cassazione penale (sent. n. 1490/1986) afferma infatti che l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso anche occasionalmente, deve essere preventivamente autorizzata da uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali ovvero da un provvedimento dell’ispettorato del Lavoro.

Da escludere, secondo l’I.T.L., dall’applicazione della norma quelle zone esterne estranee alle pertinenze della ditta, come ad es. il suolo pubblico, anche se antistante alle zone di ingresso all’azienda, nelle quali non è prestata attività lavorativa.

La circolare si occupa anche di dati biometrici.

Basandosi sul parere del Garante della Privacy, ritiene che “il riconoscimento biometrico, installato sulle macchine con lo scopo di impedire l’utilizzo della macchina a soggetti non autorizzati, necessario per avviare il funzionamento della stessa, può essere considerato uno strumento indispensabile a “… rendere la prestazione lavorativa …” e pertanto si possa prescindere, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 della l. n. 300/70, sia dall’accordo con le rappresentanze sindacali sia dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsto dalla legge”.

(M. Mazzanti)