Il punto sul “Collocamento disabili” in agricoltura.

Il punto sul “Collocamento disabili” in agricoltura.

Come si ricorderà, la legge 68/99 introdusse, abrogando la precedente legge 482/68, nuove regole per l’assunzione dei disabili e delle categorie assimilate (orfani e superstiti di deceduti di lavoro e di soggetti grandi invalidi, profughi italiano rimpatriati e vittime del turismo). Tale normativa trova applicazione in ordine: A) alle persone in età lavorativa affette da minoranze fisiche, psichiche e sensoriali ed ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%; B) alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, e alle persone non vedenti o sordomute; C) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio. L’accertamento della qualità di “disabile” è affidato alla pubblica autorità (ASL, INAIL secondo le casistiche). Hanno diritto al collocamento obbligatorio anche gli stranieri in regola con il permesso di soggiorno (C. Cost. Sent. n. 454/1999). L’art. 1 della legge 68/99 prevede che i datori di lavoro siano tenuti a garantire la conservazione del posto di lavoro a quei soggetti che, non essendo disabili al momento dell’assunzione, abbiano acquisito per infortunio sul lavoro o malattia professionale eventuali disabilità. L’art. 2 della normativa prevede le quote di riserva. I datori di lavoro sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette nella seguente misura: a) 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti. Per le piccole imprese (una volta non ricomprese nell’obbligo di legge) la norma prevede che per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l’obbligo si applica solo in caso di nuove assunzioni. Stessa regola per i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione. Gli obblighi di assunzione sono sospesi per le ditte in crisi (in genere industriali), in caso di licenziamenti collettivi, ristrutturazioni, cassa integrazione straordinaria e mobilità (Legge 223/91). Per chi ha più di 50 dipendenti vi è un’ulteriore quota d’obbligo, pari all’1% per orfani e coniugi di deceduti o invalidi, per causa di lavoro, genere o servizio (tale quota è di 1 unità per i datori di lavoro che abbiano da 51 a 150 dipendenti). Per calcolare la quota di riserva, e cioè agli effetti della determinazione dl numero di soggetti disabili da assumere, la vecchia normativa prevedeva che non erano computabili tra i dipendenti i lavoratori occupati a seguito di avviamento obbligatorio, ovvero assunti con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi (ora sei mesi), i soci di cooperative di produzione e lavoro, nonché i dirigenti ed altre categorie minori. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo parziale (part – time), si applicano le norme consuete, col riproporzionamento orario. Regole apposite anche per il disabile diventato tale in sostanza di rapporto. Sulla predetta normativa è intervenuta la Riforma Fornero, che ha diversamente disciplinato alcune importanti materie. In particolare, nell’originario testo del luglio 2012 si prevedeva, ai fini del computo della base occupazionale – sulla quale si calcola il numero di disabili da assumere obbligatoriamente – il computo di “tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato”, ad esclusione dei: ·  lavoratori disabili assunti ai fini della stesse legge n. 68/1999; · soci di cooperative di produzione e lavoro; · dirigenti; · lavoratori assunti con contratto di inserimento; · lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore; · lavoratori assunti per l’attività da svolgere all’estero, per la durata di tale attività; · lavoratori socialmente utili; · lavoratori a domicilio; · lavoratori che aderiscono a programmi di emersione ai sensi della legge n. 383/2001; · lavoratori esclusi dalle relative discipline di settore. Come si può notare, in tale elenco (e cioè tra le categorie di lavoratori esclusi dal computo) non figuravano più i lavoratori “con contratto a tempo determinato di durata non superiore a 9 mesi”. La mancata esclusione dal computo di tale categoria ampiamente utilizzata nel settore agricolo era particolarmente preoccupante per le imprese, che hanno una forte incidenza di rapporti a tempo determinato, e che rischiavano, considerando anche gli operai a tempo determinato, di superare le soglie previste dalla legge per l’assunzione dei disabili. Modificate, poi, le norme che disciplinano gli esoneri parziali dagli obblighi di assunzione, con la previsione di un apposito decreto del Ministro del lavoro volto a definire nuovi procedimenti relativi ala concessione dei provvedimenti di esonero, al fine di evitare abusi. Con il “Decreto Sviluppo” (D.L. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012) è stata, infatti, modificata la previsione relativa al computo dei rapporti di lavoro a tempo determinato, nella base imponibile. La nuova regola ha, in parte, mitigato la previsione della Riforma Fornero stabilendo che dal computo della base occupazionale sulla quale si calcola il numero di disabili da assumere obbligatoriamente, dovranno essere esclusi i dipendenti occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesi. Già il Ministero del lavoro aveva, con circolare n. 18 del 2012, cercato di temperare il rigore della normativa, chiarendo, in ordine al computo dei contratti a termine: “ai fini della individuazione della base occupazionale, i lavoratori a tempo determinato dovranno essere computati pro quota (per esempio due lavoratori a tempo determinato impiegati anche contestualmente per sei mesi a tempo pieno vanno calcolati come una sola unità)”. Sul punto, occorre poi ricordare come in precedenza il Ministero del lavoro, circolare n. 4 del 17/01/2000, aveva chiarito come “per i datori di lavoro che svolgono attività stagionale sono esclusi dalla base di computo per la determinazione della quota di riserva, i lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa, nell’arco dell’anno solare, anche se non continuativamente, per un periodo complessivo di nove mesi … (ora sei) … calcolato sulla base delle corrispondenti giornate lavorative”. Parimenti, il Regolamento di esecuzione della legge n. 68/1999 (DPR. n. 33/2000) prevedeva come “per i datori di lavoro pubblici o privati che svolgono attività di carattere stagionale, il periodo di nove mesi… (ora sei) … di durata del contratto a tempo determinato si calcola sulla base delle corrispondenti giornate lavorative effettivamente prestata nell’arco dell’anno solare, anche non continuative”. Per quanto riguarda, quindi, il settore agricolo al fine di determinare la durata di un contratto di lavoro a tempo determinato stagionale, non si dovrà fare riferimento all’arco temporale complessivo di durata del contratto (ad es. 1° marzo – 31 dicembre), bensì al numero di giornate concretamente ed effettivamente lavorate nell’arco solare dal dipendente, ancorché rese in modo non continuativo. Recentemente si sono registrati atteggiamenti difformi in sede ispettiva e ciò, in particolare, circa la individuazione delle giornate di lavoro corrispondenti a sei mesi. I dubbi interpretativi si fondavano sulla individuazione, prevista nel C.C.N.L. operai agricoli, del numero di giornate lavorative mensili, convenzionalmente stabilite in 26 – il numero delle giornate corrispondenti ad un rapporto di lavoro di durata semestrale è quanto meno da fissare in 156 (26 gg x 6 mesi). Peraltro, per il settore agricolo, si deve annotare come il precitato limite possa arrivare fino a 180 giornate di lavoro, e ciò in considerazione delle particolari norme contrattuali per gli operai agricoli, che individuano, convenzionalmente, in 180 giornate di lavoro l’anno il crinale tra i rapporti a temine e quelli a tempo indeterminato (vedi artt. 21 e 23 C.C.N.L. del 25 maggio 2010) e sia in relazione alle disciplina legislativa che regolamenta il lavoro e la previdenza in agricoltura. Si pensi ad esempio alla particolare disciplina circa l’integrazione salariale agricola che, stabilisce in 180 giornate di lavoro annue il requisito minimo per essere considerato OTI e, quindi, usufruire della CISOA (art. 17, legge 457/72) e le disposizioni derogatorie in materia di rapporti a termine (art. 10, b. 2, D.Lgs. N. 368/2001) e di orario di lavoro (art. 16, c. 1, lettera “g”, ed art. 17, c. 2, lettera “c” e “d”, D.Lgs. n. 66/2003). Molte amministrazioni per inciso avevano “sposato” l’orientamento relativo al computo al computo sulle 180 giornate (es. Regione Emilia Romagna). Con recente nota (n. 43 del 6 marzo 2018). L’Ispettorato nazionale del Lavoro, in risposta ad un quesito di Confagricoltura, circa i difformi orientamenti tenuti dagli organi ispettivi nei vari territori, ha chiarito che il computo dei rapporti di lavoro stagionali per determinare il superamento o meno dei 6 mesi (e dunque l’esclusione dalla base del calcolo) possa essere eseguito prendendo in considerazione le giornate effettivamente lavorate dagli operai agricoli “fino al limite di 180 giornate di lavoro annue. Relativamente al personale a termine assunto per sostituire dipendenti aventi diritto alla conservazione del posto, si precisa ancora che l’esclusione dal computo di tali dipendenti  è previsto solo qualora nella lettera di assunzione sia precisato, nella causale,  il nominativo del lavoratore avente diritto alla conservazione del posto ( es. personale in maternità).   I datori di lavoro hanno, poi, l’obbligo annuale di presentazione del prospetto informativo. In sintesi, si ricorda che, qualora la situazione occupazione al 31 dicembre dell’anno precedente sia tale da far ricadere il datore di lavoro interessato nell’ambito di applicazione della disciplina delle assunzioni obbligatorie (in quanto occupi almeno 15 dipendenti, calcolati secondo quanto innanzi precisato), questi dovrà trasmettere per via telematica il prospetto informativo entro il 31 gennaio dell’anno successivo. Il citato prospetto informativo disabili deve essere trasmesso da parte di tutti, indicando nel prospetto la propria situazione occupazionale rispetto agli obblighi di assunzione di personale disabile o appartenente alle altre categorie assimilate, i posti di lavoro e le mansioni disponibili per la quota riservata ai lavoratori disabili. La trasmissione del prospetto dovrà essere effettuate unicamente utilizzando la via della procedura telematica, sul sito www.cliclavoro.gov.it. Il computo dei dipendenti, sul quale calcolare la quota di riserva, va effettuato alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione del prospetto informativo. I datori di lavoro i quali non abbiano registrato cambiamenti nella occupazione tali da modificare l’obbligo o da incidere sul computo della quota di riserva, non sono obbligati ad inviare il prospetto informativo ( art. 9 comma 6, L. 68/1999). Con il D.lgs. n. 185/216 (correttivo del Jobs Act) sono state introdotte modifiche ulteriori alla normativa. In specie, si prevede che possono essere computati nella quota di riserva i lavoratori che, già disabili prima la costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, che abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60%. Mutato anche il quadro sanzionatorio: trascorsi, infatti, sessanta giorni dalla data in cui insorge l’obbligo di assunzione, il datore di lavoro è tenuto al versamento, a titolo di sanzione amministrativa, di una somma pari a cinque volte la misura del contributo esonerativo, ovvero 153,20 euro al giorno, per ciascun lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima giornata. Relativamente agli obblighi di assunzione per le aziende che occupano da 15 a 35 dipendenti, si segnala anche la portata innovativa del decreto “Milleproroghe” (art. 3, comma 3ter, L. 192/2017), che ha stabilito nuove norme dal 1° gennaio 2018 per le assunzioni di disabili al superamento della soglia occupazionale sganciato dalla necessità di procedere ad una nuova assunzione. In pratica, dal 1° gennaio 2018, tutti i datori di lavoro del settore o privati che occupano da 15 a 35 dipendenti sono obbligati ad assumere alle loro dipendenze un lavoratore iscritto negli elenchi dei disabili, contestualmente al raggiungimento del limite di 15 lavoratori. Riassumiamo in breve la procedura per l’assunzione di disabili: · l’avviamento al lavoro di un lavoratore disabile (o assimilato tale) avviene tramite richiesta nominativa o tramite convenzione (con preselezione degli iscritti al collocamento obbligatorio) con i Centri per l’Impiego; · la richiesta di assunzione deve essere presentata dal datore di lavoro obbligato al Centro per l’Impiego competente entro 60 giorni dalla insorgenza dell’obbligo di assunzione; · entro il 31 gennaio di ogni anno i datori di lavoro con più di 15 dipendenti hanno l’obbligo di presentare al Ministero del lavoro un prospetto informativo relativo alla situazione occupazionale rilevata al 31 dicembre dell’anno precedente, indicando: numero e dati dei lavoratori posti a base del computo; posti e mansioni disponibili per la quota riservata ai disabili. Si segnala che per la mancata trasmissione del prospetto informativo è punita   con la sanzione di € 635,11, più la maggiorazione di € 30,76 per ogni giorno di ritardo.

 

(M. Mazzanti)