IL BIOLOGICO NEL PROSSIMO FUTURO

           L’Agricoltura Biologica, che in Italia ha superato i 50 anni di esistenza, agli albori veniva poco considerata e rappresentava un’agricoltura di nicchia. Con il passare degli anni i prodotti biologici si sono sempre più affermati e la domanda è costantemente e a volte sorprendentemente cresciuta con aumenti percentuali annuali spesso a due cifre.

Inizialmente i prodotti venivano offerti principalmente da negozi specializzati e da agricoltori che direttamente offrivano prodotti freschi o dopo le prime lavorazioni (ad es. farine macinate a pietra).

Oggi l’Agricoltura Biologica ha superato la soglia di nicchia: oltre il 15% della SAU italiana è biologica, con mete regionali, nazionali ed europee ben superiori, forse anche troppo elevate e ambiziose (25% della SAU).

Il consumatore oggi trova gli alimenti biologici in diverse tipologie di esercizi. Fa la parte del leone la GDO con il 50%, seguita dai negozi specializzati con il 20%, mentre i negozi tradizionali rappresentano solo il 5% del mercato e il 10% viene venduto direttamente dai produttori (in azienda, nei mercatini o attraverso i GAS) e il restante 15% rientra nei consumi dei food service.

E’ importante sottolineare il differente ricarico dall’ingrosso al consumatore fra alimenti convenzionali e biologici, i primi subiscono un aumento valutato circa del 40%, mentre per quelli biologici la differenza è del 55% (dati ISMEA). Produrre derrate biologiche sicuramente ha un costo superiore solo in parte attenuato dai contributi comunitari, ma sembra ingiustificato il diverso ricarico nell’ultimo passaggio commerciale.

L’Agricoltura Biologica avrà un ruolo sempre più importante nel futuro non soltanto per quello che ne è stato l’ispiratore (agricoltura senza chimica) ma anche per altri motivi:

– fornire al consumatore direttamente o indirettamente (prodotti trasformati) derrate legate al territorio e alla tradizione non producibili intensivamente;

– coltivare territori collinari, montani e/o svantaggiati in cui la massima aspirazione non può essere la produttività, ma anche quella di mantenere la presenza dell’uomo in zone che non possono essere abbandonate al degrado e che comunque producono derrate che concorrono a coprire i fabbisogni nazionali senza ricorrere a importazioni;

– produrre prodotti tipici che riscuotono grande successo per l’esportazione in particolare se biologici;

– essere un ottimo serbatoio di biodiversità sia vegetale sia animale.

L’Agricoltura Biologica per continuare a crescere ha bisogno di ricerca, programmazione e commercializzazione.

La ricerca deve essere rivolta a diversi settori, due dei quali sono fondamentali: la meccanizzazione e le fonti riproduttive intese come sementi, piante e animali. Per quanto riguarda la meccanizzazione alcune ditte produttrici si stanno impegnando, ma forse sarà necessario un lavoro più corale e sotto l’egida di Istituti di ricerca. Per il settore riproduzione vanno fatte considerazioni diverse per il settore animale e per quello vegetale. Nel mondo animale devono essere migliorate, nelle diverse specie, tutte le razze autoctone, che proprio come tali si sono formate nei territori di origine fornendo prodotti che a loro volta sono stati la base di costituzione di alimenti tipici oggi nostro grande vanto. In Italia abbiamo formaggi, siano essi derivanti da latte bovino, bufalino, ovino, caprino e misti, con caratteristiche uniche derivanti fondamentalmente dalle razze animali, dai foraggi e dal territorio nel quale sono prodotti. Queste ricchezze devono essere studiate e incentivate nel solco della tradizione e del Biologico.

Discorso più complesso è quello riguardante il mondo vegetale. Le varietà di cereali e leguminose impiegate in Agricoltura Convenzionale mal si adattano a quella Biologica non solo per produttività, ma anche per le profondamente diverse condizioni climatiche di coltivazione. Preziose sono le varietà antiche, che hanno tuttavia bisogno di ricerche per migliorarle e renderle attuali nella realtà agronomica di oggi mantenendo le loro caratteristiche nutrizionali. Non si può continuare a ricorrere alle deroghe per utilizzo di sementi convenzionali da un lato o dall’altro perpetuare la semina con sementi autoprodotte ma che non hanno subito una minima selezione.

L’agricoltore che operando nel Biologico abbia bisogno di sapere cosa seminare e/o coltivare non sa a chi potersi rivolgere, quello del Biologico è un mercato particolare

che troppo spesso segue la moda, di qui la necessità di una programmazione seria e approfondita che oggi solo attraverso la stipula di contratti di produzione offre qualche possibilità di risposta. La commercializzazione avrebbe la necessità di grandi studi e di creazione di aziende che non si limitino alla sola produzione primaria ma che affrontino almeno la trasformazione se non la vera e propria commercializzazione.

Compito delle Organizzazioni professionali dovrà essere quello di fornire assistenza agli operatori del settore Biologico. Non è pensabile che sia un problema economico, se si investe non è una perdita ma un guadagno e non possiamo ancora continuare assistere a quelle differenze di ricarico sopra riportate che vanno doppiamente a svantaggio di chi produce, sia direttamente sia alla lunga diminuendo la domanda.

Accordi con industria di trasformazione, GDO, catene specializzate avranno una valenza maggiore quanto maggiore sarà il peso degli agricoltori.

 

Prof. Paolo Parisini

Presidente Sezione di Prodotto Biologico Confagricoltura Bologna, Emilia – Romagna e Nazionale