I.N.P.S.: Società di capitali – il dipendente può rivestire cariche sociali nella società datrice – messaggio I.N.P.S. del 17/09/2019.

 

Con recente comunicazione (messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019), l’I.N.P.S. ha illustrato, modificando in parte gli orientamenti precedenti (circolare n. 179 dell’8/08/1989, messaggio n. 12.441 dell’80/06/2011), la situazione interpretativa attuale in merito alla compatibilità della titolarità di cariche sociali nell’ambito di società di capitali e lo svolgimento di attività di lavoro subordinato per la stessa società.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha ormai definito criteri univoci, in base ai quali l’incarico per lo svolgimento di un’attività, come quella dell’amministratore, in una società di capitali non esclude astrattamente la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, con duplicazione di posizioni giuridiche in capo alla stessa persona fisica (sent. n. 18476/2014 e n. 24972/2013).

In sostanza, la carica di presidente, in sé considerata, non è incompatibile con lo status di lavoratore poiché anche il presidente di società, al pari di qualsiasi membro del consiglio di amministrazione, può essere soggetto alle direttive dell’organo collegiale (Cass. n. 11978/2004, n. 1793/1996 e n. 18414/2013). Tale affermazione è compatibile anche con il conferimento del potere di rappresentanza al presidente.

Diversa la situazione nella quale l’amministratore unico della società sia detentore del potere di esprimere da solo la volontà dell’ente, venendo meno anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina; in assenza di una relazione intersoggettiva, e cioè di una distinzione tra la posizione del lavoratore in qualità di organo direttivo della società e quella del lavoratore come soggetto esecutore delle prestazioni, la giurisprudenza ha stabilito un principio di incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima (Cass. civ. n. 24188/2006).

La nota I.N.P.S. precisa che nei casi in cui l’amministratore sia munito di delega generale con facoltà di agire senza il consenso del consiglio di amministrazione è esclusa la possibilità di intrattenere un rapporto di lavoro subordinato con la società.

La configurabilità del rapporto di lavoro subordinato è, inoltre, da escludere con riferimento all’unico socio, poiché non vi sarà naturalmente la soggezione del socio unico alle direttive di un organo societario.

Ciò anche quando il scio abbia “di fatto” assunto effettivamente la esclusiva titolarità dei poteri di gestione, tanto da risultare “sovrano” della società stessa, non può assumere contemporaneamente anche la diversa figura di lavoratore subordinato (Cass. civ., Sez. lavoro, n. 21759/2004), essendo esclusa la possibilità di ricollegare ad una volontà “sociale” distinta la costituzione e gestione del rapporto di lavoro.

Dal punto di vista pratico, per la valutazione della compatibilità dello status di amministratore di società di capitali con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato, caso per caso, andrà accertata la sussistenza di specifiche condizioni; la nota I.N.P.S. riassume come segue:

  • che il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, sia affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso e/o ad un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esplichi un potere esterno;
  • che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene;
  • il soggetto svolga, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.

(M. Mazzanti)