Falsi corsi di formazione.
Organizzavano nel Modenese corsi di formazione di nessun valore che vendevano agli agricoltori: corsi non autorizzati, né riconosciuti, che avevano un certificato timbrato e firmato da un medico inesistente e l’organizzatore che si spacciava per ingegnere. Soprattutto, la formazione si faceva a tavola: i corsi si riducevano a una mangiata al ristorante con escursioni anche in Toscana e qualche minuto di spiegazione “pro forma”.
Per questi motivi, tre imputati sono accusati di associazione a delinquere per i falsi certificati e sostituzione di persona. Pochi giorni orsono sono comparsi davanti ai giudici per l’inizio di un processo su fatti contestati dal 2013.
La vicenda, che in aula ha iniziato a delinearsi con le prime testimonianze, nasce a Bomporto in uno studio privato di consulenza aziendale.
Lì era costituita la società cooperativa (che oggi risulta in liquidazione) che promuoveva la consulenza sulla sicurezza e sull’igiene dei posti di lavoro e soprattutto corsi di formazione. I clienti erano agricoltori che avevano bisogno di essere riconosciuti trattoristi o esperti in particolari macchinari (movimento terra, gru, carrelli elevatori).
Ma secondo la guardia di finanza di Carpi e il procuratore che segue personalmente la pubblica accusa in aula, detta società non aveva nessuna abilitazione o accredito per rilasciare attestati e diplomi in base agli accordi Stato-Regione del 2012.
Dopo alcune segnalazioni, le fiamme gialle hanno scoperto che alcuni agricoltori avevano presentato attestati di formazione che risultavano senza valore. Alcuni esibivano ricevute di pagamento per corsi che presentavano irregolarità di emissione e datazione.
Da quanto ricostruito dalla Procura, questi corsi finivano spesso con una bella mangiata in un ristorante in Emilia o in Toscana.
Cene affollate da troppi partecipanti, molti di più di quelli previsti dalla legge per partecipare ad un corso di formazione. I ritrovi avvenivano in locali privi di salette attrezzate per le spiegazioni teoriche e ancor meno per prove tecniche, ma che si prestavano, tra un piatto e l’altro, a corsi ridotti a pochi minuti di “infarinatura” nei quali si spiegava
l’argomento del corso e poi, dopo il dessert, si consegnava l’attestato. Il pezzo di carta aveva un costo: da 50 in su.
L’attestato di frequenza alla lezione di primo soccorso era firmato e timbrato da un medico inesistente, secondo la finanza.
Anche l’organizzatore si spacciava per ingegnere senza esserlo, secondo le indagini. Insomma, questi agricoltori pagavano per avere carta straccia. Documenti falsi, secondo la Procura, e soprattutto non utilizzabili.
(S. Casini)