EMERGENZA CORONAVIRUS: Decreto “Rilancio” – misure per il lavoro, ammortizzatori sociali e regolarizzazione stranieri.

Il monumentale decreto legge “Rilancio” (tecnicamente il D.L. 19 maggio 2010, n. 34 – in G.U. Suppl. Ord. N. 128 del 19/05/2020) prevede numerose misure concepite per arginare le difficoltà del momento emergenziale in specie relativamente al mondo del lavoro.

 

Misure a sostegno del reddito

L’art. 68 del nuovo decreto legge modifica l’art. 19 del precedente decreto “Cura Italia” (D.L. 18/2020) relativamente al trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza da COVID-19.

La norma aumenta la durata massima dei trattamenti (da nove) a diciotto settimane – di cui quattordici per periodo decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 e prevede anche deroghe per il trattamento di integrazione salariale CISOA in favore degli operai agricoli.

In pratica le nove settimane di Cassa Integrazione previste dal precedente decreto sono incrementate:

  • di ulteriori cinque settimane per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, per i datori di lavoro che abbiano già fruito delle nove settimane del periodo precedentemente concesso;
  • di un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane, per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020. La norma prevede inoltre per i datori di lavoro dei settori del turismo, le fiere, i congressi, i parchi divertimento, gli spettacoli dal vivo e le sale cinematografiche, la possibilità di utilizzare le quattro settimane aggiuntive anche per periodi precedenti il 1° settembre, sempreché il datore abbia esaurito il periodo precedentemente concesso. La Cassa integrazione può essere riconosciuta ai lavoratori in forza al 25/03/2020. Norme similari per i Fondi Bilaterali.

La domanda deve essere presentata dal datore entro la fine del mese successivo (e non più entro il quarto mese come prima previsto) a quello in cui è iniziato il periodo di sospensione.

Obbligatoria la procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto, in sede sindacale.

 

Cassa integrazione ordinaria Agricola – CISOA

Il decreto legge modifica, in deroga alla legge 457/1972, l’accesso alla CISOA.

La disposizione prevede la concessione del trattamento di integrazione salariale in favore degli operai agricoli per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica, per un periodo massimo di 90 giorno dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 202, e comunque entro il 31 dicembre 2020.

Questi periodi sono neutralizzati ai fini delle successive domande.

La CISOA è, quindi, concessa in deroga al limite massimo di fruizione riferito al singolo lavoratore ed al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda, rispettivamente a 90 giorni ed a 180 giornate lavorative in un anno svolte presso la stessa azienda (ex art. 8 della L. 457/1972). La CISOA con causale COVID-19 è concessa dagli uffici dell’INPS competenti, escludendosi (in tale frangente) la commissione costituita ed attiva, in via ordinaria, presso l’ INPS.

La norma estende la CISOA in deroga ai dipendenti agricoli con qualifica di quadri, impiegati ed operai, assunti con contratto a tempo determinato, nonché agli apprendisti, che abbiano effettuato almeno 181 giornate lavorative presso la stressa azienda; stessa opportunità per i soci di cooperative agricole che prestano attività retribuita come dipendenti e quindi inseriti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, con previsione di almeno 181 giornate lavorative annue retribuite. La Cassa ordinaria è estesa anche alle aziende ed ai lavoratori (art. 69) già in Cassa Integrazione Straordinaria.

Dalla cassa in deroga sono esclusi i datori di lavoro domestico; sono inclusi – viceversa – i datori di lavoro agricoli ai quali non si applica la CISOA, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi. Anche la Cassa in deroga è concessa per una durata massima di nove settimane per periodo decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori cinque settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro ai quali sia stato interamente già autorizzato un periodo di nove settimane; riconosciuto un eventuale ulteriore periodo di durata massimo di quattro settimane di trattamento per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020. Per i datori di lavoro dei settori turismo, fiere e congressi, parchi divertimento, spettacolo dal vivo e sale cinematografiche, è possibile usufruire delle quattro settimane anche per periodi precedenti al 1° settembre a condizione che i medesimi abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di quattordici settimane.

 

Congedi per i dipendenti

L’art. 72 del nuovo decreto legge aumenta (da 15) a 30 giorni la durata del congedo parentale previsto dal D.L. “Cura Italia” in favore dei genitori.

Aumentati anche gli importo da 600 a 1.200 euro del voucher babysitting, riconosciuto in alternativa al congedo (per i dipendenti del settore sanitario l’aumento è da 1.000 a 2.000 euro).

La norma prevede che il voucher possa essere utilizzato anche per l’iscrizione ai centri estivi ed ai servizi educativi all’infanzia.

L’art. 73 viceversa aumenta di ulteriori dodici giorni, fruibili nei mesi di maggio e giugno 2020, il numero di giorni di permesso retribuito riconosciuto per l’assistenza di familiari disabili.

 

Sostengo al reddito

Di nuovo conio il reddito di emergenza; la norma (art. 82) istituisce, infatti, il Reddito di emergenza (Rem), da riconoscere ai nuclei familiari in condizione di necessità economica sempreché non abbiano fruito di sostegni diversi. Le domande di accesso al Rem devono essere presentate entro il mese di giugno 2020. Il beneficio è corrisposto in due quote od in alternativa è erogabile per due volte; l’importo di ciascuna quota è compreso fra 400 e 800 euro, in rapporto al nucleo familiare e della presenza di componenti disabili gravi o non autosufficienti ( fino a 840 euro).

Il Rem è riconosciuto ai residenti in Italia in possesso di precisi requisiti:

  • un reddito familiare nel mese di aprile 2020 inferiore al beneficio Rem;
  • un valore ISEE inferiore a 15.000 euro;
  • un valore del patrimonio mobiliare familiare riferito al 2019 inferiore ad euro 10.000, e comunque con un massimo di 25.000 euro secondo composizione nucleo. Il Rem non è compatibile con la presenza nel nucleo familiare di:
  • titolari di pensioni dirette o indirette, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;
  • titolari di rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore alla quota Rem;
  • percettori di Reddito di cittadinanza.

L’art. 84 del D.L. in esame, prevede e proroga le indennità previste dal precedente Cura Italia.

Tali indennità, erogate dall’INPS previa domanda dell’interessato, non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile. Le indennità sono disposte per i liberi professionisti iscritti alla Gestione separata INPS; per i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali); i lavoratori stagionali, in somministrazione, dei settori del turismo e degli stabilimenti termali, i lavoratori intermittenti ed alcune categorie particolari di lavoratori autonomi; gli operai agricoli a tempo determinato; i lavoratori dello spettacolo.

In genere, le indennità ammontano ad € 600,00 mensili, con un massimo per alcune categorie ed in particolari condizioni, pari ad € 1.000,00.

 

 

Lavoro domestico

La norma prevede (art. 85) un’indennità anche per i lavoratori domestici purché dipendenti, alla data del 23 febbraio 2020, con uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali. L’indennità è riconosciuta per i mesi di aprile e maggio del 2020, nella misura di 500 euro mensili; tale indennità non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi ed è erogata a domande dell’interessato dall’INPS.

 

Promozione del lavoro agricolo

L’art. 94 del decreto legge introduce la possibilità di lavorare in agricoltura per i soggetti percettori di ammortizzatori sociali, che si trovino attualmente in sospensione a zero ore della prestazione lavorativa, i lavoratori disoccupati in NASPI e DIS-COLL, e per gli interessati al reddito di cittadinanza. Per tutti costoro è possibile stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine, non superiori a 30 giorni rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza decurtazione alcuna e comunque nel limite di 2.000 euro per l’anno 2020.

 

Licenziamenti

L’art. 80 del D.L. “Rilancio” modifica il pregresso articolato del D.L. n. 18/2020 (art. 46) prevedendo per cinque mesi (sessanta giorni nella formulazione dell’articolo 46) il divieto per il datore di lavoro di avviare le procedure di licenziamento collettivo e di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Stante il ritardo nella pubblicazione del D.L. in commento, si evidenza un disallineamento tra di due decreti che determina un vuoto normativo di alcuni giorni.

 

Norme per il lavoro nel settore agricolo

L’art. 103 prevede la, tanto commentata, emersione dal lavoro nero o irregolare.

Sulla base della nuova norma, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno, possono presentare istanza, per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri.

Per quanto riguarda gli immigrati clandestini stranieri la regola è valida per coloro che alla data dell’8 marzo 2020 erano stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici ovvero per coloro che avevano soggiornato in Italia, in forza della dichiarazione di presenza, precedentemente alla data richiamata; la sanatoria non si applica ai cittadini stranieri che abbiano lasciato il territorio nazionale dall’8 marzo 2020.

I cittadini stranieri, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, possono richiedere (se presenti sul territorio nazionale al 8 marzo 2020) un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di sei mesi. Per fruire del rinnovo costoro devono aver svolto comprovata attività di lavoro nei settori dell’agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca, acquacoltura e attività connesse ovvero per l’assistenza alla persona od ancora nel settore del lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, antecedentemente al 31 ottobre 2019. Qualora nel termine della durata del predetto permesso di soggiorno temporaneo, il cittadino straniero possa documentare un contratto di lavoro subordinato ovvero il possesso della documentazione retributiva e previdenziale attestante lo svolgimento regolare dell’attività lavorativa, il permesso temporaneo potrà essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. L’istanza potrà essere presentata, per entrambe le ipotesi, dal 1 giugno al 15 luglio 2020, con le modalità che saranno fissate da appositi decreti, all’INPS per italiani o cittadini UE, allo Sportello unico per gli stranieri, alla Questura per i permessi di soggiorno. Saranno previsti limiti reddituali per i datori.

Per la sanatoria è previsto il pagamento di un contributo forfettario pari a 500 euro per ciascun lavoratore, a copertura degli oneri connessi all’espletamento della procedura di emersione, ovvero di 130 euro a copertura degli oneri per il permesso temporaneo.

Sempre dal punto di vista degli oneri, si prevede il versamento di un ulteriore contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale; tale onere ulteriore non è precisato e sarà determinato successivamente con un apposito decreto interministeriale. Nel decreto è comunque prevista la permanenza dei procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, per il reato di cui all’art.600 del codice penale o per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell’articolo 603-bis del codice penale (legge sul caporalato).

 

(M. Mazzanti)