Conto terzismo – Inquadramento degli operi addetti a lavorazioni agricole. Circolare I.N.P.S..

 

Come noto la legge n. 92/1979 (art. 6, lettera e) consente, dal punto di vista previdenziale e contributivo, l’inquadramento nel settore “agricoltura” del personale dipendente con qualifica operaia quando addetti a mansioni relative a “lavori e servizi di sistemazione e di manutenzione agraria e forestale, di imboschimento, di creazione, sistemazione e manutenzione di aree a verde”; ciò indipendentemente dall’inquadramento previdenziale del datore di lavoro, che potrà anche appartenere ad una classificazione previdenziale non agricola (normalmente perlopiù propria del settore dell’ artigianato, ma anche del settore industriale o del terziario).

 

Recentemente, l’I.N.P.S., con propria circolare (n. 56 del 23 aprile 2020) ha fornito nuove indicazioni ai fini del corretto inquadramento previdenziale degli operai che svolgono le richiamate lavorazioni agricole in aziende di conto terzi.

 

L’I.N.P.S. chiarisce. quindi, con nuove disposizioni, la casistica inerente le attività svolte con personale operaio, nel settore dell’agricoltura ed in favore di aziende agricole, da imprese non agricole magari classificate come aziende industriali, artigianali o del settore terziario-servizi nell’ambito, sempre più frequente, di contratti di appalto.

 

Sulla questione più generale l’INPS aveva, nel giugno 2019, già diffuso orientamenti applicativi con Circolare n. 94/2019; nella richiamata circolare l’Istituto chiariva per inciso che l’elencazione di cui alla lettera e) dell’articolo 6 L. n. 92/1979, era da intendersi come tassativa; con tale risoluzione interpretativa l’I.N.P.S. disponeva la esclusione dal settore agricolo dei dipendenti, operai con mansioni correlate ad attività di servizi e di supporto al processo produttivo, quali ad esempio la potatura, la semina, la fornitura di macchine agricole svolte da imprese non agricole”, ciò in base alla esplicitata considerazione circa la efficacia della norma in commento, di eccezione rispetto alla regola generale secondo la quale l’inquadramento previdenziale dei lavoratori dipendenti di una azienda è effettuato in relazione alla mansione effettiva dai lavoratori esercitata e non viceversa sulla mera scorta dell’attività svolta dall’impresa, da cui questi dipendono, nel suo complesso ed in prevalenza, come d’ordinario.

 

Tale restrittiva interpretazione operata dall’I.N.P.S. – che cercava di omogeneizzare le prassi concretamente seguite dalle sedi periferiche dell’Istituto, per i predetti operai occupati in lavorazioni agricole conto terzi – aveva generato, negli operatori del mondo produttivo agricolo, numerose critiche.

 

A fronte delle sollevate perplessità l’I.N.P.S. con questa circolare ha mutato indirizzo, apportando modifiche sostanziali alle disposizioni impartite in precedenza, nella già citata circolare n. 94/2019.

In sostanza l’I.N.P.S. ha chiarito che gli operai dipendenti da aziende classificate previdenzialmente in un settore diverso da quello agricolo devono comunque essere inquadrati in agricoltura nel caso in cui costoro siano addetti a lavorazioni tipicamente agricole, che vengono espressamente esemplificate nella nota circolare n. 56, del 23 aprile 2020, quali l’aratura, la semina, la potatura, la rimozione delle viti infette, il taglio di formazione per le fasi di imboschimento.

 

Dal precitato e mutato orientamento discende la conseguenza secondo cui le imprese non agricole, comprendendosi anche le imprese agromeccaniche, che rendano servizi per conto terzi (che è sostanzialmente un contratto di appalto) nei confronti ed in favore di aziende appartenenti al comparto dell’agricoltura dovranno essere considerate ed inquadrate, per le citate lavorazioni, ai fini contributivi e previdenziali I.N.P.S. per i propri dipendenti, come agricole e quelle aziende che già fossero classificate come tali continueranno ad inquadrare, nel settore agricolo, gli operai addetti alle attività sopra enumerate.

 

Nella circolare in commento si affronta anche il tema relativo agli effetti del disconoscimento dell’inquadramento agricolo di un’impresa precedentemente ivi classificata.

Sino ad ora, si rammenta, la riclassificazione in un settore diverso determinava, come effetto necessario, la riclassificazione nello stesso settore accertato dall’INPS, anche del lavoratore, indipendentemente dalla mansione concretamente resa, con importanti, ed in genere penalizzanti, effetti prestazionali in capo al lavoratore.

 

Secondo l’I.N.P.S. viceversa, con il nuovo orientamento, nel caso in cui sia acclarata la carenza dei requisiti necessari per l’inquadramento del datore di lavoro nel settore agricolo, si renderà comunque indispensabile “accertare se la prestazione di lavoro effettuata da ciascun lavoratore rientri o meno tra le attività elencate nell’articolo 6 della L. n. 92/1979”.

 

Ciò significa che nel caso prospettato di disconoscimento della posizione classificatoria aziendale agricola, con assegnazione del datore ad altro settore (artigianale, terziario-servizi, industriale), si dovrà valutare comunque ogni singola posizione lavorativa, l’operaio potrà mantenere il proprio inquadramento previdenziale agricolo qualora e se l’attività, alla quale questi è stato concretamente addetto, rientri tra quelle considerate agricole come previsto della richiamata Legge n. 92/1979 (art. 6).

(M. Mazzanti)