Importante pronuncia della Consulta in materia di indennità risarcitoria in caso di licenziamento nelle piccole aziende, tipologia particolarmente frequente nel mondo agricolo; con sentenza n. 183 (depositata il 22 luglio 2022) la Corte costituzionale criticando ampiamente la vigente normativa ha formulato uno stringente invito al legislatore di riconsiderare la legge attuale, avvertendo il Parlamento che, in caso di inottemperanza, la Corte Costituzionale dovrà intervenire sull’argomento.
La Corte ha evidenziato al riguardo come “un sistema siffatto non attua quell’equilibrato componimento tra i contrapposti interessi, che rappresenta la funzione primaria di un’efficace tutela indennitaria contro i licenziamenti illegittimi“. “Il criterio incentrato sul solo numero degli occupati non risponde, dunque, all’esigenza di non gravare di costi sproporzionati realtà produttive e organizzative che siano effettivamente inidonee a sostenerli.”
La sentenza afferma, richiamando i precedenti, importanti criteri interpretativi; pur ribadendo infatti come la modulazione delle tutele contro i licenziamenti illegittimi sia scelta propria e discrezionale del legislatore (pur nel rispetto del principio di eguaglianza) rispetto alla persona del lavoratore, argomenta la Corte, è importante la valutazione del giudice onde dare concreta attuazione alla «personalizzazione del danno subito dal lavoratore, pure essa imposta dal principio di eguaglianza» (sentenza n. 194 del 2018 e sentenza n. 150 del 2020); nella valutazione del giudicante rilevano anche il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell’impresa, il comportamento e le condizioni delle parti, tipizzati dall’art. 8 della legge n. 604 del 1966, confermati dalla legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali).
Prosegue la Consulta osservando come un organico sistema di tutele si fondi sul principio di ragionevolezza, «che questa Corte, nell’àmbito della disciplina dei licenziamenti, ha declinato come necessaria adeguatezza dei rimedi, nel contesto di un equilibrato componimento dei diversi interessi in gioco e della specialità dell’apparato di tutele previsto dal diritto del lavoro» (sentenza n. 150 del 2020)…..”Un rimedio adeguato, che assicuri un serio ristoro del pregiudizio arrecato dal licenziamento illegittimo e dissuada il datore di lavoro dal reiterare l’illecito, si impone in forza della «speciale tutela riconosciuta al lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, in quanto fondamento dell’ordinamento repubblicano (art. 1 Cost.)» (sentenza n. 125 del 2022)…..
Ciò vale, secondo la Corte ( relativamente ad effettività ed adeguatezza della tutela) anche per i licenziamenti intimati da datori di lavoro di più piccole dimensioni pur non dimenticando il valore nelle piccole aziende sulla natura fiduciaria del rapporto di lavoro, sull’opportunità di non gravare di oneri eccessivi le realtà produttive con pochi dipendenti, per tacere delle evidenti criticità che l’esecuzione di un ordine di reintegrazione potrebbero nascere nel contesto dato (sentenze n. 2 del 1986, n. 189 del 1975 e n. 152 del 1975), le … «dimensioni che il datore di lavoro abbia conferito alla organizzazione della sua attività» rappresentano un «dato aderente alla realtà economica di comune esperienza» (sentenza n. 55 del 1974). In questa prospettiva, «la componente numerica dei lavoratori ha riflessi sul modo di essere e di operare del rapporto di lavoro organizzato», soprattutto in ragione del «criterio economico suggerito per regolare gli interessi delle aziende aventi un minor numero di dipendenti, pur senza trascurare gli interessi dei lavoratori» (sentenza n. 81 del 1969).
La Corte analizza, infine, per inciso i riflessi che, sui richiamati orientamenti, ha portato il d.lgs. n. 23 del 2015; secondo la Consulta col Jobs act la reintegrazione è stata circoscritta entro ipotesi tassative per tutti i datori di lavoro e le dimensioni dell’impresa e non può fondare quindi un criterio discriminante tra l’applicazione della più incisiva tutela reale e la concessione del risarcimento economico.
Secondo la Corte “In un sistema imperniato sulla portata tendenzialmente generale della tutela monetaria, la specificità delle piccole realtà organizzative, che pure permane nell’attuale sistema economico, non può giustificare un sacrificio sproporzionato del diritto del lavoratore di conseguire un congruo ristoro del pregiudizio sofferto”.
La attuale normativa evidenzia, in sostanza, disarmonie relative alla predeterminazione dell’indennità stabilita per i datori di lavoro che non raggiungono i requisiti dimensionali di cui all’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (15 o 5 se imprenditori agricoli) che si fondano sulla esiguità dell’intervallo tra l’importo minimo e quello massimo dell’indennità e sul criterio relativo al numero degli occupati.
In specie secondo la Corte un’indennità costretta entro l’esiguo divario tra un minimo di tre e un massimo di sei mensilità – “vanifica l’esigenza di adeguarne l’importo alla specificità di ogni singola vicenda, nella prospettiva di un congruo ristoro e di un’efficace deterrenza, che consideri tutti i criteri rilevanti enucleati dalle pronunce di questa Corte e concorra a configurare il licenziamento come extrema ratio” … per altri versi …” il limitato scarto tra il minimo e il massimo determinati dalla legge conferisce un rilievo preponderante…. al numero dei dipendenti……. non rispecchia di per sé l’effettiva forza economica del datore di lavoro, né la gravità del licenziamento arbitrario e neppure fornisce parametri plausibili per una liquidazione del danno che si approssimi alle particolarità delle vicende concrete”.
La Corte introduce, sul punto, una interessante considerazione relativa alla….. “incessante evoluzione della tecnologia e dalla trasformazione dei processi produttivi, al contenuto numero di occupati possono fare riscontro cospicui investimenti in capitali e un consistente volume di affari.
Il criterio incentrato sul solo numero degli occupati non risponde, dunque, all’esigenza di non gravare di costi sproporzionati realtà produttive e organizzative che siano effettivamente inidonee a sostenerli…..Il limite uniforme e invalicabile di sei mensilità, che si applica a datori di lavoro imprenditori e non, opera in riferimento ad attività tra loro eterogenee, accomunate dal dato del numero dei dipendenti occupati, sprovvisto di per sé di una significativa valenza….”.
In conclusione, un sistema siffatto, per la Corte Costituzionale ..” non attua quell’equilibrato componimento tra i contrapposti interessi, che rappresenta la funzione primaria di un’efficace tutela indennitaria contro i licenziamenti illegittimi” ….
Per questo motivo la Corte invita caldamente il Parlamento a rivedere la disciplina vigente alla luce dei summenzionati principi, testualmente ….” questa Corte non può conclusivamente esimersi dal segnalare che un ulteriore protrarsi dell’inerzia legislativa non sarebbe tollerabile e la indurrebbe, ove nuovamente investita, a provvedere direttamente……”.
(M. Mazzanti)