CNEL: Salario Minimo.

L’ Assemblea del CNEL, riunitasi il giorno 12 ottobre, ha licenziato il documento sul lavoro povero e il salario minimo a suo tempo richiesto dal Governo nell’agosto del 2023. Il documento è stato approvato con 15 voti contrari su 62 presenti. I lavori del CNEL ed il documento finale si sono basati sul precedente documento – e sull’ istruttoria tecnica svolta in Commissione dell’informazione – del 4 ottobre denominato “Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia “.

 

Secondo Renato Brunetta, presidente del CNEL, il documento approvato “individua una cassetta degli attrezzi per gestire, in modo articolato e mirato le diverse criticità del lavoro povero e dei salari minimi adeguati per tutti i lavoratori (non solo i dipendenti e non solo i livelli più bassi delle scale di classificazione contrattuale) che non possono certo essere risolti attraverso soluzioni semplicistiche che non sanno poi fare i conti con la realtà e con i bisogni delle persone in carne e ossa”.

 

Vediamo in estrema sintesi le risultanze del documento CNEL e le proposte ivi contenute.

 

Dal punto di vista istituzionale il documento propone, per il nostro paese che non ha l’organismo previsto in sede comunitaria, di individuare nel CNEL la sede del “National Productivity Board” organismo che ha lo scopo di valorizzare il contributo dei corpi intermedi nel controllo delle dinamiche retributive legandole alle dinamiche della produttività.

 

Specificatamente, nel merito, si propone il contrasto al “lavoro povero” ( lavoratori temporanei, parasubordinati, lavoratori fittiziamente autonomi, lavoratori occasionali, stagisti, lavoratori con mansioni discontinue o di semplice attesa o custodia e lavoratori a tempo parziale involontario)  attraverso la introduzione di una tariffa attraverso la contrattazione collettiva sindacale sostenuta da una adeguata normativa di matrice pubblica, parametrata sugli indicatori della direttiva europea o comunque interventi legislativi ad hoc funzionali a incrementare il numero di ore lavorate nell’arco dell’anno.

 

Parimenti si evidenzia la necessità di normare il fenomeno degli “stagisti” figure che operano oggi in un vuoto normativo; in specie il CNEL reputa opportuno il ripristino del contratto di inserimento, valorizzando l’apprendistato come raccordo tra il sistema educativo – formativo ed il mercato del lavoro.

 

Opportuni nuovi interventi normativi sulle collaborazioni coordinate e continuative e a progetto, sul part time involontario per giovani e donne, ipotizzando misure legislative per razionalizzare gli interventi a sostegno della occupazione femminile e della conciliazione vita lavoro, di sostenibilità del lavoro per le persone colpite da malattie croniche o disabilità.

Necessario il contrasto al fenomeno del lavoro autonomo fittizio attraverso una ridefinizione del concetto di subordinazione adeguandosi agli standards interpretativi comunitari. IL CNEL individua poi aree di criticità a livello territoriale ritenendo necessarie misure ad hoc di contrasto al lavoro povero, di sostegno al reddito dei lavoratori e delle famiglie, di contrasto al sommerso, di gestione delle gare pubbliche al massimo ribasso.

 

Spicca tra le proposte del CNEL la paventata introduzione di un salario minimo legale per il lavoro domestico e di cura in una logica di medio e lungo periodo nel contesto di un piano nazionale di sostegno alla famiglia, all’invecchiamento attivo e alla non autosufficienza (ex  legge 23 marzo 2023 n. 33).

 

Indispensabile poi il rafforzamento delle attività  ispettive e di vigilanza (in specie nei settori del lavoro domestico e agricolo)  ed il  potenziamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

 

Attenzione anche al fenomeno dei c.d. contratti “pirata” ed alla proliferazione del numero dei contratti collettivi; il CNEL propone di sostenere la contrattazione di qualità valorizzando i contratti più diffusi ed applicati sul territorio  ed in possesso di ottimali  standard di trattamento economico e normativo.

 

Secondo il CNEL è poi opportuno un intervento normativo teso a chiarire che nella determinazione del trattamento retributivo ex art. 36 Cost., il giudice si riferisca non solo al minimo tabellare ma al trattamento economico complessivo ordinario e normale (più elevato) spettante al lavoratore in applicazione dei contratti collettivi di maggiore diffusione.

 

Infine il CNEL vede nei ritardi nei rinnovi contrattuali una problematica  da affrontare, raccomandando  l’adozione di iniziative per il superamento di questa criticità che, soprattutto in un momento di crescita della dinamica inflattiva, contribuisce a intaccare profondamente le retribuzioni dei lavoratori.

 

Il CNEL poi, relativamente alle indicazioni europee secondo cui “ i lavoratori dovrebbero avere facile accesso a informazioni complete (…) sulla tutela garantita dal salario minimo prevista da contratti collettivi universalmente applicabili per garantire la trasparenza e la prevedibilità per quanto riguarda le loro condizioni di lavoro “  si candida quale  sede idonea a garantire la implementazione, sul salario minimo, della direttiva comunitaria (UE) 2022/2041,  rispetto ai compiti statuali quando si prevede e dispone che gli Stati membri provvedono “affinché le informazioni relative ai salari minimi legali e alla tutela garantita dal salario minimo prevista da contratti collettivi universalmente applicabili, comprese le informazioni sui meccanismi di ricorso, siano accessibili al pubblico in modo completo e facilmente accessibile”.

 

Ciò anche alla luce della considerazione circa l’obbligo di trasparenza che, a parere del CNEL, è una opportunità anche per ripensare “in profondità” la busta paga dei lavoratori che sulla base delle vigenti regole italiane, anche previdenziali e fiscali, rappresenta  un documento di “non facile lettura”.

 

Per Floriano Botta (Confindustria) “Le imprese  …… sono impegnate al rispetto dei contratti e della legalità e non possono non segnalare le situazioni di alterazioni della concorrenza, da parte di soggetti datoriali che non applicano i trattamenti retributivi complessivi previsti nei contratti collettivi.

 

Confindustria guarda quindi …… con estremo favore l’idea di un piano di azione nazionale, che potrebbe essere anche un utile contributo per consentire a Governo e Parlamento di riorientare, in termini di maggiore efficienza ed effettività, le risorse economiche a sostegno della contrattazione collettiva, dell’occupazione di qualità, del welfare aziendale e della produttività.”.

 

Per Claudio Risso ( CISL) il documento “contribuisce a chiarire come l’introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe la grande questione del lavoro povero che va ben oltre il tema delle retribuzioni.

La povertà lavorativa riguarda, infatti, la quantità di lavoro nell’arco dell’anno per chi vive di contratti precari e intermittenti, la composizione del reddito all’interno del nucleo familiare e l’azione redistributiva dello Stato.

 

Quanto ai trattamenti retributivi giusti e dignitosi, il CNEL ritiene che la contrattazione collettiva sia ancora oggi la sede da privilegiare e valorizzare sottolineando l’importanza di controlli e interventi di vigilanza nell’estesa area della parasubordinazione e del finto lavoro autonomo”.

 

In buona sostanza secondo il CNEL il salario minimo, in Italia,  non serve a risollevare le sorti  economiche e sociali dei lavoratori deboli, fragili e disagiati.

 

Secondo la CGIL (Landini alla manifestazione del 9 ottobre scorso) viceversa  “è arrivato il momento di introdurre un salario orario minimo sotto il quale nessun lavoratore possa essere pagato: 5-6 euro all’ora sono paghe da fame, inaccettabili…., denunciando anche la posizione assunta dal CNEL:…. il governo anziché assumersi la responsabilità di convocare le parti sociali e dire cosa vuole fare sui contratti, sulla legge sulla rappresentanza, sul salario minimo, ha subappaltato il suo ruolo al CNEL. E’’ un attacco alla libera azione dei lavoratori“.

 

Attendiamo ore la scelta del Governo e del Parlamento. Siamo ancora alle fasi di preriscaldamento!.

(M. Mazzanti)