Clausola penale inserita in contratti di affitto. Sentenza della Cassazione esclude la tassazione autonoma ai fini della imposta di registro.

La Cassazione, con la sentenza n. 30983 del 7 novembre 2023 ha affrontato, e risolto in modo convincente, la problematica relativa al trattamento fiscale (e della relativa tassazione) nel caso in cui in un contratto di affitto sia prevista una clausola penale. La clausola penale solitamente è inserita nei contratti quale modo per  garantire l’adempimento delle obbligazioni previste  contrattualmente;  in sostanza la clausola penale non ha una causa propria, autonoma e  distinta, ma è un elemento pattizio atto eziologicamente e volto ad irrobustire il negozio. Per tale considerazione fondativa la Corte di Cassazione ha chiarito che la clausola penale non ha efficacia autonoma rispetto al contratto in cui si va ad inserire.

 

A norma di legge (articolo 1382 Cod. Civ.) la Clausola Penale consiste in una norma “… con cui le parti convengono preventivamente che, in caso di inadempimento, o di ritardo nell’adempimento uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno“.

 

La Cassazione reputa perciò che la clausola penale abbia il fine di sostenere il corretto, reciproco e  tempestivo adempimento delle obbligazioni principali contemplate nell’atto, intendendosi per tali quelle assunte con il contratto in cui è prevista  la clausola penale che pertanto non ha causa propria e distinta, ma ha una funzione servente e rafforzativa del contratto nel suo insieme. Il corollario necessario è che una clausola penale non potrà mai avere efficacia autonomamente rispetto al contratto conservando una mera natura ed effetto di carattere ancillare. Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate secondo cui la clausola penale è una disposizione avente una propria individualità e contenuto patrimoniale e come tale non direttamente collegata al contratto e, quindi, soggetta ad imposta autonoma.

 

Secondo la Cassazione in ragione di quanto sopra  “La clausola penale non è soggetta ad autonoma tassazione con l’imposta di registro, in ragione della sua accessorietà rispetto al contratto nella quale è inserita: la tassazione del contratto in cui è presente la penale “assorbe” pertanto la rilevanza tributaria della clausola penale.”

 

Conseguentemente risulta non applicabile, al caso dedotto, la previsione di cui all’art.  21, primo comma, del TUIR – Testo unico dell’imposta di registro – DPR n.  131/1986 (che considera eventuali clausole inserite  soggette separatamente ad imposta cose se ciascuna fosse un atto distinto). La sentenza qualifica al riguardo la clausola penale ritenendo di ascrivere la stessa al dettato di cui al secondo comma dell’art. 21 TUIR che  stabilisce come “ la molteplicità di disposizioni in un atto comporta una sola tassazione (quella relativa alla disposizione che genera l’imposta più elevata) quando tali disposizioni “derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre.“

 

In sintesi per valutare la questione non è importante la presenza di una connessione oggettiva (per volontà pattizia od occasionale) e, per escludere la tassazione autonoma, ciò che va valutato è la connessione ed il rapporto tra le clausole, considerando l’esistenza dell’una clausola senza prescindere dall’altra.

 

Si segnala conformemente la precedente posizione, già espressa dalla Cassazione n. 18779 del 26 settembre 2005, secondo cui essendo la clausola penale finalizzata ad una funzione di mera accessorietà, rispetto al contratto in cui è inserita, l’obbligo che da essa deriva non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione principale. Potrà esistere un contratto senza una clausola penale, giammai potrà esistere una clausola penale se non inserita in un contratto.

(M. Mazzanti)