CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DEL LAVORO IN AGRICOLTURA.

Caporalato e sfruttamento del lavoro in agricoltura.

 

Sottoscritto tra tutte le organizzazioni agricole, il Governo, alcune Regioni meridionali ed il microcosmo dell’associazionismo “assistenziale”, il più che politicamente corretto “Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, denominato Cura – legalità – uscita dal Ghetto”, tale aulico strumento operativo è adattato, come recita il testo “nell’ambito della più ampia azione messa in atto dal Governo riguardante anche l’Istituto della rete del lavoro agricolo di qualità, di cui all’art. 6, del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116”. In concreto, il protocollo ha carattere sperimentale, ed ha la forma dell’accordo – quadro.

Tale accordo quadro dovrà, quindi, essere adottato con le opportune modificazioni a livello territoriale, nelle province di bari, Caserta, Cosenza, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria. Lo scopo dell’accordo quadro è quello di evitare, da un lato la possibile insorgenza di situazioni di rischio sanitario e dall’altro di contribuire alla promozione sul territorio dei princìpi inerenti la legalità del lavoro. Il protocollo tende poi in concreto a stimolare adeguati servizi di trasporto nelle aree rurali nonché a valorizzare ed incentivare le imprese che scelgano percorsi di legalità, ad attivare percorsi di integrazione delle popolazioni migranti. Vediamo in concreto il contenuto del protocollo, soprattutto in rapporto alle iniziative da porre in essere.

Il protocollo si prefigge di:

  • portare ai lavoratori ed alle lavoratrici del settore agricolo sollievo e cure idonee a prevenire l’insorgenza di problematiche di ordine pubblico, e lo sviluppo di situazioni di grave rischio sanitario anche in relazione alla salute e alla sicurezza sul lavoro;
  • attivare servizi di informazione e di tutela finalizzati a promuovere legalità e sicurezza nei rapporti di lavoro con la presenza sul campo del personale ispettivo in collaborazione con le parti sociali sottoscrittrici del presente protocollo;
  • negoziare e concludere accordi che promuovano concrete azioni, nei rapporti di lavoro, a garanzia delle condizioni di legalità nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, anche mediante l’intervento del sistema della bilateralità, con particolare riferimento le problematiche del trasporto della manodopera da e verso i luoghi di lavoro;
  • individuare e diffondere pratiche che, mediante il ruolo della contrattazione decentrata territoriale, valorizzino ed incentivino le attività economiche delle aziende agricole che scelgano legalità e sicurezza combattendo ogni forma di caporalato e sfruttamento criminale della manodopera;
  • attivare percorsi di integrazione ed animazione socio-culturale che diffondano il rispetto tra le popolazioni migranti e quelle locali, consentendo di combattere anche sul piano culturale la segregazione e la creazione dei ghetti adiacenti o limitrofi al luogo di lavoro

Tutto ciò mediante le seguenti attività:

  1. conclusione di specifiche convenzioni, anche per il tramite della contrattazione collettiva esercitata dalle organizzazioni firmatarie dei contratti collettivi in essere, relative all’introduzione del servizio di trasporto gratuito per le lavoratrici e i lavoratori agricoli che copra l’itinerario casa/lavoro;
  2. istituzione di presidi medico-sanitari mobili per assicurare interventi di prevenzione e di primo soccorso;
  3. destinazione d’utilizzo di beni immobili disponibili ovvero confiscati alla criminalità organizzata ai fini dell’istituzione di centri di servizio e di assistenza socio-sanitari organizzati dalle competenti istituzioni anche in collaborazione con le organizzazioni di terzo settore e con le parti sociali;
  4. organizzazione di servizi di distribuzione gratuita di acqua potabile e/o viveri di prima necessità per persone destinatarie degli interventi previsti dal protocollo;
  5. potenziamento delle attività di tutela ed informazione ai lavoratori, nonché di promozione della cultura della salute e della sicurezza, da realizzarsi, anche in forma decentrata ed eventualmente in partenariato con le organizzazioni sindacali e datoriali, da personale delle DTL anche in collaborazione con personale Inail;
  6. organizzazione di iniziative di animazione culturale e ricreativa finalizzate alla conoscenza reciproca, all’integrazione culturale e sociale per le persone destinatarie degli interventi previsti dal protocollo, nonché di iniziative in onore della memoria delle vittime del caporalato;
  7. sperimentazione di sportelli di informazione per l’incontro domanda e offerta di servizi abitativi, anche valorizzando le esperienze promosse dalle parti sociali;
  8. attivazione di servizi di orientamento al lavoro mediante i Centri per l’impiego ed i servizi attivati dalle parti sociali, in prossimità del luogo di stazionamento dei migranti, per consentire un facile accesso ai servizi forniti dallo stesso ente;
  9. attivazione di sportelli informativi attraverso unità mobili provviste di operatori quali mediatori linguistico-culturali, psicologi e personale competente al fine di favorire la conoscenza e la consapevolezza nei lavoratori, dei loro diritti in ambito lavorativo, sindacale, sociale e sanitario, nonché sui rischi per la salute e la sicurezza relativi alle singole realtà lavorative;
  10. attività volte a dar luogo a forme di intervento pubblico/privato nel collocamento della manodopera, anche per mezzo di agenzie autorizzate o tramite la bilateralità in collaborazione con i centri per l’impiego, con la possibilità di fornire anche l’attività di trasporto dei lavoratori nel tragitto casa/lavoro;
  11. sperimentazione dell’impiego temporaneo di immobili demaniali in caso di – urgente ed indifferibile – necessità di gestione delle emergenze connesse all’accoglienza dei lavoratori stagionali;
  12. creazione di punti di ritrovo attrezzati a ludoteca per l’animazione dei minori, creando stabilmente luoghi in cui svolgere attività di incontro, animazione, sport, alfabetizzazione per tutti i minorenni;
  13. istituzione di corsi di lingua italiana, ciclofficina, piccola falegnameria, pizzaiolo, florovivaismo, sicurezza sul lavoro anche per periodi precedenti o successivi l’instaurazione del rapporto di lavoro agricolo;
  14. sperimentazione di bandi per promuovere l’ospitalità dei lavoratori stagionali in condizioni dignitose e salubri, mirandosi con ciò ad impedire la creazione di insediamenti spontanei caratterizzati da condizioni degradate e rischiose;
  15. creazione di centri di ascolto e di supporto, anche tramite la presenza di mediatori culturali e psicologi.

In sostanza, pochi soldi a disposizione in rapporto agli obiettivi, tanto multiculturalismo “un tanto al chilo”, buonismo a piene mani. Intanto, per i datori di lavoro agricolo si sta cucinando un altro piatto letale. In attuazione del Jobs Act, infatti, dal 1° gennaio 2017, le aziende agricole saranno obbligate a tenere online, con modalità telematiche presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (ex art. 15 del D.Lgs. n. 151del 2015), il libro unico del lavoro (L.U.L.).

Con tale misura, gli agricoltori datori di lavoro italiani metteranno mensilmente a disposizione della Pubblica Amministrazione la registrazione delle presenze, unitamente a tutti i dati contenuti nel prospetto di paga (cedolino / busta paga) del lavoratore e senza possibilità di modifica del L.U.L. medesimo (in caso di errore), se non attraverso una procedura particolare.

Parallelamente in Senato è all’esame il famigerato Disegno di legge 2217, contenente ulteriori aggravi normativi e rischi potenziali.

Non meno pericolose sono le proposte in corso di elaborazione: in materia di “indici di congruità” (che assomigliano molto alle tabelle ettaro coltura) ed agli imponibili di manodopera, per tacere della proposta, sostenuta a spada tratta dall’I.N.P.S., di passare dal sistema DMAG (denunce trimestrali) al sistema UNIEMENS, con denunzie e pagamenti mensili. In sostanza, nuovi aggravi di burocrazia e di costi (si stima in circa 100 milioni di euro il costo burocratico indotto a carico ex novo delle aziende agricole italiane) e dei rischi (anche penali).

Altro che protocollo … .

(M. Mazzanti)