Confagricoltura, Cia e Coldiretti di Bologna replicano all’Ente Parchi: «Chiediamo con urgenza la convocazione di un tavolo istituzionale per arrivare alla risoluzione del problema»
Continua il braccio di ferro tra il Parco dei Gessi Bolognesi e le associazioni degli agricoltori. Così Confagricoltura, Cia e Coldiretti di Bologna replicano all’Ente Parchi. «La rottura tra il Parco dei Gessi e le associazioni agricole c’è eccome» ribadiscono le tre associazioni agricole denunciando ancora una volta, loro malgrado, «l’interruzione di un rapporto che è stato per anni molto proficuo, ma che ora è ridotto ai minimi termini soprattutto per scarsa volontà del Parco dei Gessi Bolognesi».
Chiariscono la posizione Confagricoltura, Cia e Coldiretti di Bologna: «Non significa nulla l’abbattimento di 200 cinghiali dall’inizio dell’anno all’interno del Parco. Non è affatto sufficiente visto che stiamo parlando di una popolazione di oltre 2.000 capi. È inammissibile, inoltre, che le gabbie siano chiuse soprattutto in questo periodo dell’anno. Chiediamo con urgenza la convocazione di un tavolo istituzionale per arrivare alla risoluzione del problema, che dovrà vedere in primis la partecipazione dell’Assessorato regionale all’Ambiente, rimasto fino ad ora un po’ “in silenzio”; l’assessorato all’Agricoltura; la Città Metropolitana, i Sindaci dei comuni di Ozzano, Pianoro, San Lazzaro e Bologna; l’Atc Bo 2; le aziende faunistiche e ovviamente le associazioni degli agricoltori».
Non basta l’impegno del Parco perché sono cambiate le condizioni: una volta sui 4.000 ettari protetti c’erano poco più di un centinaio di cinghiali, mentre adesso stime attendibili ne segnalano più di 2.000. «È palese la sproporzione tra le forze in campo. Per raggiungere un equilibrio sostenibile – tra la presenza del cinghiale, le attività umane e la tutela ambientale – gli agricoltori hanno offerto tutto il loro appoggio, sulla base di passate esperienze quando lo sfalcio dei fossi e altre operazioni di manutenzione del territorio erano svolte volontariamente, con effetti positivi non solo in termini economici ma anche sociali», spiegano le associazioni degli agricoltori.
A ciò si aggiunga la disponibilità dei cacciatori – arrivata per il tramite dell’Ambito territoriale di caccia Bo2 – pronti a intervenire, nei limiti che le vigenti leggi impongono, con operatori volontari preparati allo scopo. «Ma queste offerte di aiuto e collaborazione continuano a cadere nel vuoto, purtroppo» lamentano Confagricoltura, Cia e Coldiretti di Bologna. Se è facile capire le difficoltà del Parco che denuncia risorse finanziarie e di personale risicate, ben più difficoltoso risulta comprendere il perché di tale comportamento.
Gli agricoltori subiscono le conseguenze della mal gestione. E con loro tutte le categorie produttive, come anche i semplici cittadini che transitano a proprio rischio e pericolo all’interno del Parco e che non possono far altro che prendere atto dell’inerzia degli organi decisionali dell’area protetta.