Bicicletta e infortuno in itinere.

Bicicletta e infortuno in itinere.

È frequente, nelle nostre campagne, l’uso, da parte dei braccianti agricoli, della bicicletta per recarsi al lavoro. Con recente circolare, l’INAIL ha trattato la materia relativa agli infortuni in itinere (cioè occorsi al dipendente nel tragitto per recarsi o per uscire dal posto di lavoro) ed in specie con l’utilizzo del “velocipede”.

L’occasione per la rilettura della materia è data dalla recente normativa di cui alla legge n. 221/2015, recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” (Articolo 5, commi 4 e 5). L’INAIL, infatti, con circolare n. 14 del 24 marzo 2016, dispone le linee guida per la liquidazione degli infortuni sul lavoro causati dall’uso della bicicletta.

Sino alla nuova normativa, con riferimento particolare all’infortunio in itinere occorso facendo uso del velocipede,

l’INAIL “considerata la sempre maggiore attenzione a livello ambientale e sociale orientata a favore di una mobilità sostenibile aveva disposto “[…] che la valutazione sul carattere “necessitato” dell’uso di tale mezzo di locomozione, per assenza o insufficienza dei mezzi pubblici di trasporto e per la non percorribilità a piedi del tragitto, considerata la distanza tra l’abitazione ed il luogo di lavoro, costituisse discrimine ai fini dell’indennizzabilità soltanto quando

l’evento lesivo si fosse verificato nel percorrere una strada aperta al traffico di veicoli a motore e non invece quando tale evento si fosse verificato su pista ciclabile o zona interdetta al traffico”; in pratica, sulla base di un’interpretazione estensiva dell’art.12 d.lgs.38/2000, l’INAIL aveva stabilito che l’infortunio occorso su strada aperta al traffico di veicoli a motore dovesse essere indennizzato solo “in presenza delle condizioni necessarie per rendere necessitato l’uso della bicicletta”, mentre “dalla sussistenza di dette condizioni, si potesse prescindere qualora l’infortunio si fosse verificato in un tratto di percorso protetto”.

La legge di Stabilità 2016 ha, invece, superato il predetto e limitativo quadro interpretativo, stabilendo che “a prescindere dal tratto stradale in cui l’evento si verifica, l’infortunio in itinere occorso a bordo di un velocipede deve essere, al ricorrere di tutti i presupposti stabiliti dalla legge per la generalità degli infortuni in itinere, sempre ammesso all’indennizzo”.

Vediamo, alla luce della esperienza fino ad oggi maturata, in sintesi, le principali caratteristiche dell’infortunio in itinere come definito dall’INAIL. L’art. 12 d.lgs.38/2000 sancisce che l’assicurazione infortunistica opera nell’ipotesi di infortunio che abbia interessato un lavoratore assicurato durante il percorso ordinario di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.

Normalità del percorso. Per “normalità del percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro” deve essere inteso il percorso affrontato per esigenze e finalità lavorative e in orari coerenti con quelli lavorativi in modo tale che il lavoratore non abbia possibilità di una scelta diversa, né in ordine al tragitto, né in ordine all’orario.

Il percorso da seguire deve essere quello normalmente compiuto dal lavoratore, anche se diverso da quello oggettivamente più breve, purché giustificato dalla concreta situazione della viabilità (es. traffico più scorrevole rispetto a quello del percorso più breve, ecc.).

Relativamente all’uso della bicicletta, si precisa che se l’infortunio occorso a bordo di velocipede si verifica su pista ciclabile per accedere alla quale il lavoratore abbia affrontato un percorso più lungo di quello normale, l’evento dovrà essere indennizzato, purché, ovviamente, detto percorso sia stato affrontato per esigenze e finalità lavorative e in orari congrui rispetto a quelli lavorativi.

Interruzioni o deviazioni del percorso. Come d’ordinario, la tutela assicurativa non opera nel caso di interruzioni e deviazioni del percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro che siano del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate.

Le brevi soste che non espongono l’assicurato a un rischio diverso da quello che avrebbe dovuto affrontare se il

normale percorso casa-lavoro fosse stato compiuto senza soluzione di continuità non interrompono, invece, il nesso causale tra lavoro e infortunio e, dunque, non escludono l’indennizzabilità dello stesso.

Utilizzo del mezzo di trasporto privato. Ai fini della tutela INAIL, ogni volta che il tragitto può essere compiuto a piedi o con mezzi pubblici, l’eventuale scelta del mezzo privato deve risultare necessitata. Secondo l’Istituto assicuratore, l’uso del mezzo privato è ritenuto necessitato quando non esistono mezzi pubblici di trasporto dall’abitazione del lavoratore al luogo di lavoro (o non coprono l’intero percorso), nonché quando non c’è coincidenza fra l’orario dei mezzi pubblici e quello di lavoro, o quando l’attesa e l’uso del mezzo pubblico prolungherebbero eccessivamente l’assenza del lavoratore dalla propria famiglia.

La valutazione in ordine alla necessità (che va sempre valutata caso per caso) dell’uso del mezzo privato di trasporto va condotta con “criteri di ragionevolezza”.

Tali criteri sono stati così individuati:

  1. A) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, per cui il percorso deve costituire quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione;
  2. B) la sussistenza di un nesso causale, sia pure occasionale, tra l’itinerario seguito e l’attività lavorativa, cioè il percorso non deve essere seguito per ragioni personali o in orari non ricollegabili al lavoro;
  3. C) la necessità dell’uso del mezzo privato, per cui si deve tener conto degli orari di lavoro e quelli dei servizi pubblici, della eventuale carenza o inadeguatezza di mezzi pubblici, della distanza tra il posto di lavoro e l’abitazione al fine di determinare la percorribilità a piedi o meno.

Quando non vi è la sussistenza del criterio della necessità dell’utilizzo del mezzo privato si ricade nell’ambito del rischio elettivo, che non è protetto dall’INAIL.

Qualora poi l’infortunio sia accaduto per colpa del lavoratore, gli aspetti soggettivi della condotta dell’assicurato (negligenza, imprudenza, imperizia, violazione di norme) non assumono rilevanza ai fini dell’indennizzabilità, in quanto la colpa del lavoratore non interrompe il nesso causale tra rischio lavorativo e sinistro, salvo che si tratti di comportamenti così abnormi da sfociare nel rischio elettivo.

In sostanza, l’INAIL si attesta su quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11885/2003, secondo cui “la colpa del lavoratore, anche esclusiva, nella causazione dell’infortunio sul lavoro non esclude la indennizzabilità di quest’ultimo […]”, afferma che “tali acquisizioni vanno tuttavia interpretate nell’intero contesto dei principi enunciati da questa Corte.

Vengono in rilievo in primo luogo le sentenze le quali, facendo riferimento all’elemento psicologico del lavoratore, affermano che il comportamento del lavoratore interrompe il nesso causale quando sia caratterizzato da esorbitanza, atipicità ed eccezionalità rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento […]. In secondo luogo viene in considerazione l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sul rischio elettivo, qualificato come una deviazione puramente arbitraria dalle normali modalità lavorative per finalità personali, che comporta rischi diversi da quelli inerenti alle normali modalità di esecuzione della prestazione […].

Se ne deduce che l’elemento psicologico del lavoratore, anche solo colposo, nella causazione dell’infortunio, quando è particolarmente qualificato per la sua abnorme deviazione dalla corretta esecuzione del lavoro, può comportare un aggravamento del rischio tutelato talmente esorbitante dalle finalità di tutela, da escluderla”.

In pratica, quindi, l’infortunio occorso in bicicletta dovrà essere escluso dalla tutela ogniqualvolta, esaminate le circostanze nelle quali l’incidente si sia verificato (es. avere imboccato una strada interdetta alla circolazione del velocipede o essersi messo alla guida in stato di ubriachezza) la qualificazione dell’elemento soggettivo del lavoratore debba essere definito in termini di rischio elettivo e non di colpa.

(M. Mazzanti)