Agriturismo: nuovi criteri della Cassazione

Recentemente la Corte di Cassazione (con Sentenza n. 4790 del 15 febbraio 2023) ha definito i criteri utili ad individuare (ai fini della assoggettabilità al fallimento di una azienda agrituristica) la natura dell’impresa e cioè se l’impresa esercente un agriturismo possa qualificarsi come commerciale o agricola.

La Corte, in modo innovativo, stabilisce che:

a) la valutazione sulla natura dell’impresa dovrà fondarsi su elementi interpretativi uniformi, valevoli per l’intero territorio nazionale, abbandonando i criteri valutativi posti al riguardo dalle varie legislazioni regionali,  che al più  potranno essere un mero supporto interpretativo integrativo;

b) l’analisi poi non si dovrà più basare sui pregressi elementi comparativi, legati ai ricavi dell’attività;

c) l’indagine non si potrà nemmeno poggiare sulle unità di “tempo-lavoro”.

Al riguardo vi è da osservare che in precedenza la gran parte della giurisprudenza si basava proprio in termini comparativi con riferimento alla attività agricola “essenziale” e con l’attività di ricezione e di ospitalità.

Secondo la nuova e recente pronuncia la ricerca circa la sussistenza in concreto dei requisiti di connessione tra attività agrituristiche ed attività agricole, nonché della prevalenza di queste ultime rispetto alle prime, va praticata tenendo conto del dettato di cui al novellato articolo 2135 del Codice civile (terzo comma) e della legge 20 febbraio 2006, n. 96 (disciplina dell’agriturismo).

Secondo questa lettura si dovrà quindi considerare come il codice preveda, distinguendole, attività agricole “essenziali” ed attività agricole “per connessione”; relativamente a queste ultime assumono valore decisivo la connessione valutata sia dal punto di vista soggettivo che dal punto di vista oggettivo.

Secondo la Cassazione la connessione soggettiva si relaziona, con semplicità ed immediatezza, quando le attività di cui si tratta siano svolte da soggetti che rivestano la qualifica di imprenditore agricolo mentre la connessione oggettiva, necessità di un più articolato approccio.

Proprio in questo ambito si leggono le valutazioni più permeanti; secondo la Corte infatti, occorre in primo luogo che le “attrezzature” o le “risorse” ( nel caso dedotto gli edifici destinati all’ospitalità)  siano effettivamente e strutturalmente una parte dell’azienda ovvero  del complesso dei beni organizzati dall’imprenditore agricolo per l’esercizio dell’impresa agricola “essenziale”; ancora ed  in secondo luogo, è necessario che le “attrezzature” o le “risorse” (gli edifici destinati all’ospitalità)  ancorché prevalentemente destinate all’attività di servizio in ambito agrituristico siano “normalmente” impiegate nell’attività agricola “essenziale”.

La sentenza parimenti, ai fini precitati (assoggettabilità a fallimento di un’impresa agrituristica) considera poi rilevante anche la normativa relativa alla disciplina dell’agriturismo come prevista dalla L. 20 febbraio 2006, n. 96. 

In relazione a ciò e considerando in concreto l’attività agrituristica come un’attività “para-alberghiera” (che pure non si sostanzia unicamente  nella somministrazione di pasti e bevande)  la verifica circa la connessione con l’attività agricola non si potrà basare unicamente nella valutazione relativa  all’utilizzo prevalente di materie prime ottenute dalla coltivazione del fondo ma , secondo la Corte,  andrà compiuta considerando l’uso di dotazioni (i locali adibiti alla ricezione degli ospiti) e di altre risorse aziendali  (tecniche e/o umane) se normalmente impiegate nell’attività agricola. Questi quindi i criteri da seguire per definire se l’attività agrituristica sia commerciale o agricola; i precedenti criteri interpretativi di carattere comparativo rispetto ai ricavi dell’attività agrituristica/agricola ed in relazione al rapporto ed alle unità di “tempo-lavoro”, assumeranno nel prosieguo valore ancillare, integrativo e   concorrente rispetto ai criteri enunciati con la sentenza in commento.

(M. Mazzanti)