Troppi cinghiali: campi devastati e compromessa la campagna del mais da seme

“A cosa serve parlare di innovazione tecnologica, destinare i fondi del recovery fund per rilanciare l’economia e invocare l’agricoltura avanzata quando i campi vengono devastati dalla fauna selvatica?” Così Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza di fronte all’ennesima segnalazione pervenuta in associazione circa i pesanti danni perpetrati nei campi da branchi di cinghiali. Gli ungulati sono ormai così numerosi in provincia da essere causa anche di incidenti stradali e dunque tanti da costituire un pericolo per l’incolumità delle persone e l’associazione è più volte intervenuta chiedendo azioni più incisive, anche con l’ausilio di sele-controllori adeguatamente formati, che possano supportare le squadre degli Atc evidentemente ormai troppo esigue per arginare il problema. Tra i danni alle colture risulta particolarmente grave quello procurato ai campi di mais da seme.  “Le ultime in ordine di tempo sono le segnalazioni giunte dalla Val Tidone e dalla Val Luretta, ma il problema è molto diffuso” – sottolinea Gasparini. Il mais da seme, in particolare, abbisogna di operazioni colturali specifiche fin dalla semina, con 4 file di mais femmina e 2 di maschio, presentando la necessità di avere contemporaneità nella fioritura e fecondazione incrociata. Queste peculiarità non consentono interventi correttivi in campagna con eventuali risemine degli appezzamenti ammalorati. Il danno procurato dai cinghiali su questa coltura è dunque particolarmente grave. Il mais da seme, da qualche anno sta riscontrando interesse crescente da parte degli agricoltori piacentini ed anche le ditte sementiere mostrano di apprezzare le produzioni locali sottoscrivendo contratti di coltivazione nella nostra provincia. Questa coltura potrebbe costituire dunque un’opportunità interessante, ma la presenza così pervasiva dei cinghiali si sta rivelando un deterrente, al punto che le ditte sementiere potrebbero optare per altri areali produttivi, con pregiudizio per i prossimi anni. “È inammissibile che di fronte ai nostri appelli si risponda con la litania di recintare gli appezzamenti – tuona esasperato Gasparini – sappiamo benissimo che i cinghiali sono in grado di rompere le recinzioni, oltretutto frantumandole queste divengono a loro volta un problema per la sicurezza, costituendo un possibile rischio per infortuni. E neppure possiamo sentire ancora parlare di indennizzi, parziali al punto che gli agricoltori rinunciano ormai a denunciare i danni. Solo chi non conosce la realtà delle aziende agricole, e mi riferisco a imprese moderne e produttive, può pensare che l’attività agricola si possa esercitare da remoto demandando tutto alla tecnologia e non si debbano prendere in carico una volta per tutti i gravi e purtroppo molteplici problemi di presidio del territorio. Per questo tema specifico – conclude Gasparini – abbiamo presentato le nostre proposte. Posto che la recinzione suona come una presa in giro, la soluzione è unica e prevista dalla legge: ossia l’eradicazione dei cinghiali nella zona pianeggiante che può essere effettuata solo con un metodo scientifico, perché interviene al bisogno ed ha i connotati della tempestività: il sele-controllore, soprattutto notturno, in aggiunta, come detto, alle pur efficaci battute di squadra. Se non si attua questa misura, significa che non c’è la volontà politica di risolvere il problema, lasciando il danno agli agricoltori e dunque non volendo il bene dell’economia”.