PUBBLICO NUMEROSO E INTERESSATO PER IL 30° DI CHERNOBYL

A CENA CON LA SCIENZA

Il 26 aprile 1986, il reattore n. 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose nel corso di una prova di sicurezza mal eseguita, a causa di una serie di operazioni insensate finalizzate ad una verifica tecnica di importanza marginale. Di questa tragica manifestazione di dabbenaggine umana si è parlato nel terzo incontro del ciclo A CENA CON LA SCIENZA, che si è svolto in un luogo particolarmente suggestivo e simbolico: l’agriturismo LA FINESTRA SUL PO, che si affaccia sulle rive del nostro grande fiume appena a valle della più grande centrale nucleare italiana, quella di Caorso.

A fare un bilancio delle conseguenze dell’incidente, da un punto di vista sanitario ed ambientale, è stato Giorgio Trenta, presidente dell’Associazione Italiana di Radioprotezione, esperto di livello internazionale, che ha fatto riferimento, oltre che alle proprie esperienze sul campo, ai corposi rapporti delle agenzie internazionali specializzate, come l’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA).

Per quanto tragici, gli effetti sulla salute dell’incidente, sulla base delle evidenze scientifiche, sono stati assai più contenuti di quanto non si temesse: nell’ordine delle decine i morti direttamente imputabili all’altissimo livello di radiazioni ricevute, riscontrati in grande prevalenza fra i membri delle squadre di emergenza che intervennero per primi; nell’ordine di qualche migliaio le vittime potenziali, che potranno cioè vedere abbreviate le loro vite in conseguenza dell’incidente. Assai complesso, comunque, pervenire a risultati del tutto attendibili per l’interferenza che gli stili di vita delle persone coinvolte possono esercitare sui dati statistici, ed anche per l’effetto distorsivo provocato dall’accuratezza stessa delle indagini sanitarie (conseguenza anch’essa dell’incidente), che hanno fatto emergere patologie che sarebbero rimaste ignote in tempi “normali”. Va comunque precisato che la maggior parte dei soggetti interessati ha ricevuto dosi di radiazioni relativamente basse, spesso inferiori alle medie ricevute da coloro che risiedono in alcune parti del mondo in cui il “livello di fondo” è molto alto (fra le quali, ad esempio, la zona di Orvieto, interessata da una radioattività naturale assai elevata). Ben più significativi, in termini statistici, gli effetti psicologici: sono stati segnalati molti casi di insicurezza patologica, depressione, ansia, una diffusa percezione di vulnerabilità e comportamenti ricercatamente pericolosi ed irresponsabili.

Quanto all’ambiente, la contaminazione si è nel tempo fortemente ridotta, in parte per il naturale decadimento degli elementi radioattivi, in parte per l’esposizione alle intemperie e la conseguente diluizione. Piante e animali hanno in un primo tempo manifestato un sensibile incremento di mortalità (con la desertificazione della foresta circostante la centrale) e una diminuzione di fertilità; la limitatissima presenza umana in una vasta zona e il divieto delle attività produttive hanno permesso nel tempo a molte specie animali e vegetali di espandersi e creare paradossalmente un sorta di “santuario della biodiversità”.

“La freddezza delle statistiche, ancorchè in generale tranquillizzanti, – ha commentato Michele Lodigiani, coordinatore dell’iniziativa – non ci deve far dimenticare che dietro ai numeri si nascondono persone con un nome e un volto, sofferenze inenarrabili, vite perdute e agonie infinite, particolarmente sconvolgenti quando riguardano i bambini. Con questa serata abbiamo voluto celebrare queste persone, e con esse i tantissimi eroi dimenticati di Chernobyl, quasi tutti anonimi: senza il loro senso di responsabilità, portato all’estremo, probabilmente i numeri che abbiamo sentito questa sera sarebbero stati assai peggiori”.

GiorgioTrenta-Relazione

Il prossimo appuntamento di A CENA CON LA SCIENZA è per il 17 giugno, all’Agriturismo Battibue di Fiorenzuola. Il tema, IMPARARE L’INNOVAZIONE DALLE PIANTE, sarà approfondito da Renato Bruni, docente di Botanica e Biologia farmaceutica all’Università di Parma, che parlerà di “biomimetica”, quella branca della ricerca che studia i processi biologici e biomeccanici della natura, traendone ispirazione per applicazioni tecnologiche innovative