La trattativa per l’accordo quadro del pomodoro da industria è in fase di stallo. Il prodotto italiano viene esportato per il 60% ed è riconosciuto su scala mondiale come “top quality”, ma questa eccellenza parte da una coltura molto impegnativa in campo, sotto tutti i punti di vista, per la competenza e la cura che richiede, per i macchinari e la tecnologia che impiega e per i fattori produttivi il cui costo è aumentato esponenzialmente. In questo contesto Confagricoltura Piacenza invita alla prudenza e alla programmazione ferrea, valutando, se non dovessero arrivare prospettive chiare di remunerazione, altre colture meno rischiose e impegnative e che nelle ultime campagne hanno comunque avuto una buona remunerazione, mais in primis.
“Senza certezze – evidenzia Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza – con i rischi della coltura posti in capo solo ai produttori, chi ha anche altri indirizzi aziendali, come l’allevamento, ha tutto l’interesse a seminare foraggio così come ci sono alternative interessanti anche per le aziende prettamente vocate alla coltivazione del pomodoro. Il mondo della trasformazione e quello dei consumi hanno sino ad oggi beneficiato della sicurezza del prodotto, ma non è più possibile addossare il rischio solo agli agricoltori che devono fare fronte agli attacchi patogeni e alle bizze del meteo con armi sempre più spuntate, con l’Europa che mira al taglio lineare degli agrofarmaci senza considerare l’uso estremamente razionale che gli elevati standard produttivi già garantiscono. In generale, con la stessa Europa che punta al disimpegno dal sostegno ai nostri settori agricoli più competitivi”. C’è poi il problema enorme della risorsa idrica. Il pomodoro ha costi di produzione altissimi legati all’irrigazione. “Il vero problema è l’impossibilità di programmare le produzioni senza avere la garanzia della disponibilità d’acqua – sottolinea Gasparini – con le prospettive di siccità che già si delineano e con l’aggravante che le infrastrutture che da tempo chiediamo per garantire lo stoccaggio non hanno la prospettiva di essere autorizzate. Va aggiunto che nel nostro paese alcuni costi di produzione sono già di per sé superiori rispetto ai competitor, come i costi di trasporto e quello dell’energia e questo ci accomuna con l’industria, ma fare agricoltura in Italia sta diventando impossibile a 360°, tant’è che la Spagna ha avuto un Piano agricolo con il favore del governo e noi abbiamo solo ostacoli”.
Gli agricoltori riescono a garantire una grandissima qualità della materia prima che è riconosciuta dal mercato dei prodotti lavorati. “Il valore del trasformato viene soprattutto dal valore della materia prima – rimarca Gasparini – non è più possibile che il maggior punto di rischio sia in capo agli agricoltori. Al giorno d’oggi è davvero troppo pericoloso pensare di piantare pomodoro da industria, sia per quanto riguarda la disponibilità d’acqua, sia per i rischi connaturati alle colture tardive e precoci. Data la grande variabilità degli elementi, servono garanzie di remuneratività. Nel dubbio, il consiglio è quello di limitare le produzioni. L’incremento segnato dai prezzi di vendita dei trasformati di pomodoro deve essere ridistribuito lungo la filiera e ne devono beneficiare anche gli agricoltori che fino ad oggi sono accontentati di coprire i costi di produzione. O si riesce a rendere più sicura questa coltivazione o con queste incertezze sconsigliamo di programmare le semine, per la salute dei bilanci delle aziende. Non è più tempo, poi, di sottoscrivere un accordo quadro che ricomprenda tabelle qualitative che si sono rivelate negli anni prevalentemente uno strumento aleatorio, senza un’adeguata base oggettiva. La maturità raggiunta dal comparto impone che vengano superate. Occorre uno sforzo da parte della trasformazione, perché senza materia prima l’industria si troverebbe a lasciar vuoti spazi di mercato che sarebbero immediatamente occupati da qualcun altro”. Al grido d’allarme degli agricoltori di fronte ad una campagna senza alcuna certezza se non quella dei costi Gasparini aggiunge: “Lo strumento in mano agli agricoltori è la programmazione ferrea e un accordo chiaro. È fondamentale agire seguendo le indicazioni e la programmazione delle organizzazioni dei produttori. Non c’è dignità – conclude Gasparini – nella formazione del prezzo se non attraverso un forte possesso di una saggia programmazione delle superfici da parte di tutto il sistema delle organizzazioni dei produttori e di tutti gli agricoltori associati”.