Peste Suina Africana: alle aziende suinicole occorrono indennizzi immediati

Ordinanze e note commissariali e ministeriali sulla gestione della Psa si susseguono cercando di tenere il passo con quello che assomiglia a un bollettino di guerra. Così è davvero difficile poter movimentare anche suini sani che, sfortuna loro, si trovano in zona di restrizione. Mentre le quotazioni della carne suina da zone indenni volano, gli allevamenti del nostro territorio soffrono. Ci si concentra in modo ossessivo (anche giustamente) sulle procedure di biosicurezza per preservare gli allevamenti dall’ingresso del virus, ma intanto i maiali nascono, mangiano, crescono. A Confagricoltura Piacenza sembra che quest’aspetto non venga tenuto in debito conto.

“Così gli animali non riescono a stare bene – spiega Giovanna Parmigiani suinicoltrice e presidente di sezione di prodotto di Confagricoltura Piacenza – le aziende non reggono. Una situazione che va urgentemente considerata, sia per trovare il modo di continuare a rispettare anche le norme sul benessere animale, sia per trovare l’adeguato sostegno economico anche per le aziende con gli allevamenti sani, ma in zona di restrizione e che a causa della Psa stanno registrando danni tali da portare alla chiusura”.

 

La situazione non è più sostenibile. Confagricoltura sollecita pertanto le istituzioni ad agire con fermezza per individuare subito una via d’uscita e permettere la sopravvivenza delle aziende agricole e la salvaguardia di uno dei settori strategici dell’agroalimentare italiano con un valore complessivo di oltre 13 miliardi di euro e 2,3 mld di export.

 

Si deve intervenire presto con gli indennizzi agli allevatori – afferma Confagricoltura – oltre che per i danni diretti derivanti dall’abbattimento degli animali, anche per tutte quelle imprese che stanno subendo danni indiretti per il blocco delle movimentazioni dei suinetti che nascono in azienda e che dovrebbero andare ad altre strutture di ingrasso, o per l’impossibilità di vendere gli animali in sovrannumero arrivati a fine ciclo e che dovrebbero essere diretti al macello.

 

“Le imprese – spiega Giovanna Parmigiani – hanno bisogno che vengano messi in campo tutti gli strumenti utili atti a sostenerle, anche alleggerendo la pressione dell’indebitamento bancario e degli oneri previdenziali. Contestualmente, stiamo chiedendo soluzioni emergenziali per la gestione delle porcilaie il cui congestionamento rischia davvero di far precipitare gli standard di benessere. È disarmante per un allevatore, il cui obbiettivo è sempre stato il benessere dei propri animali, doverli tenere ora in condizioni di sovraffollamento tali che ne compromettono il benessere e rischiando di aprire le porte ad altre patologie.”.

 

L’avanzamento della malattia in zone ad alta vocazione per la produzione suinicola necessita un cambio di passo sul contenimento della fauna selvatica: finora è stato fatto troppo poco su questo versante, tant’è che la PSA continua a superare nuovi confini.

 

“Non è più accettabile che si eliminino così pochi cinghiali, la vera causa dell’espansione della malattia e della diffusione agli allevamenti, né si possono accusare gli allevatori. Se non ci fosse una così alta carica virale nell’ambiente per il numero di cinghiali infetti, sicuramente non ci sarebbe un così alto rischio di trasmissione agli allevamenti che sono vittime, e non causa, del contagio – ribadisce Giansanti presidente nazionale di Confagricoltura -. L’intervento sulla fauna e gli incentivi per gli investimenti in biosicurezza a tutti gli allevamenti, a partire da quelli limitrofi alle zone in restrizione, saranno la via da seguire per uscire da questa grave epidemia”.

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