Latte: la crisi imperversa, in vista l’ennesimo tavolo inutile

Torna sul tema della crisi del latte Alfredo Lucchini, presidente della sezione di prodotto Lattiero-Casearia di Confagricoltura Piacenza. “Ismea ha quantificato in 46 centesi il costo medio per un litro di latte nel 2021. Alla luce di questo dato e delle buone performance che le quotazioni del Grana Padano stanno registrando, ci sarebbe da essere sollevati dalla mancata applicazione del prezzo di riferimento, sbagliato, a 41 centesimi concordato nel tavolo ministeriale, se questo stesso riferimento non fosse stato utilizzato pretestuosamente per ancorare ulteriormente al ribasso le quotazioni”.  Il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha dichiarato di voler convocare un nuovo tavolo sul prezzo del latte, mentre è partito il brainstorming su come alleviare la situazione delle stalle al collasso. L’aumento dei costi produttivi si è verificato in ogni anello della filiera, ma gli allevatori, disaggregati e disorganizzati, non sono in grado oggi di scaricare neppure una parte di questi incrementi, differentemente dalla trasformazione, dalla grande distribuzione e dai fornitori. E mentre La produzione di latte del 2021 sul 2020, nel bacino del Grana Padano, è cresciuta del 4% la produzione di Grana Padano, a gennaio 2022 su gennaio 2021, è diminuita del 2%. “Tutto questo latte deve essere gestito – spiega Lucchini – ma la proposta che abbiamo sentito di realizzare dei polverizzatori stride con qualunque visione strategica e di valorizzazione del prodotto nazionale nel momento in cui paesi come l’India stessa, fortemente eccedentaria di latte, è già pronta a invadere i mercati mondiali col latte eccedente trasformato in polvere. Invece di valorizzare il nostro latte eccellente, certificato e realizzato con standard sempre più elevati, lo andiamo a mettere in diretta competizione con commodities minori?”. Il mercato è già andato oltre, dell’intesa di qualche mese fa non è andato nelle tasche degli allevatori nemmeno un centesimo. “Se ci deve essere un tavolo – chiede Lucchini – non sia l’ennesimo teatrino inutile per la fissazione di un prezzo destinato a mutare sul mercato più velocemente della durata di un accordo. Ormai da troppo tempo, inascoltati, chiediamo strategie commerciali che ci consentano di rafforzare e aggregare la filiera rendendola più trasparente e coesa e di valorizzare i nostri trasformati nel panorama mondiale, invece, si parla, oltre che di polverizzatori, di fotovoltaico e di biogas. L’incentivazione delle energie rinnovabili possono essere una strada per stabilizzare il costo energetico (e non per rendere il nostro settore ancora più dipendente da contributi pubblici che finiscono principalmente nelle tasche degli impiantisti, sono oggetto di condizionalità e vengono poi regalati al consumatore). Le agroenergie non possono diventare il core business delle imprese, sono semmai attività complementari, e non possono costituire le soluzioni ai problemi economici della filiera del latte che sono ben precisi e strutturali”.  Il dirigente di Confagricoltura Piacenza è scettico anche sulla possibilità di ricavare benefici da non ben precisate battaglie legali intentate impugnando contratti commerciali chiusi al di fuori dei costi di produzione e pertanto identificabili come pratiche sleali. Si tratterebbe di un processo oneroso, con una burocrazia pesante e la cui opportunità è tutta da valutare considerando i rapporti di forza nella filiera. “Ritengo che anche gli eco-schemi che sostengono le vacche al pascolo non possano essere di grande aiuto alla filiera assomigliando più a una forma assistenzialistica o ancor peggio a uno specchietto per le allodole che di fatto allontana le attenzioni dal problema reale che resta il prezzo del latte – aggiunge Lucchini che conclude amaramente – Gli allevatori si ritrovano in prima linea a protestare delle piazze italiane con la consapevolezza di rappresentare una compagine disarmata e priva di soluzioni”.