In questo periodo sono purtroppo numerosi gli associati di Confagricoltura Piacenza che riportano danni sui campi di mais appena seminati a causa dei cinghiali che letteralmente li arano per nutrirsi di sementi e germogli. La scorsa settimana ci sono arrivate le fotografie dei campi di mais di Luca Segalini a Campremoldo Sotto mentre venivano riseminati dopo le devastanti incursioni di questi ungulati. Al reportage fotografico si sono poi aggiunte, purtroppo, anche le bietole da seme sradicate dagli istrici. “Comunque, finite le bietole – ha commentato sconsolato l’imprenditore – anche gli istrici non disdegnano il mais. Ho visto il primo istrice nel 2015, adesso attorno alla mia azienda ce ne saranno una ventina”.
Non va meglio neppure nell’azienda Osteria Vecchia a Castelnuovo di Borgonovo Val Tidone della famiglia Bozzi, nonostante siano state portate a termine con successo alcune operazioni di contenimento. L’anno scorso la risemina, per tre volte consecutive, dei 35 ettari di mais del signor Orlandi era stata perfino oggetto di un’audizione parlamentare. Sul tema dei cinghiali interviene il presidente di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini, che in queste ore sta provvedendo a sua volta alla risemina dei campi mais danneggiati da questi ungulati, nella sua azienda a Gossolengo. “Questa è l’agricoltura 4.0: stiamo andando a traseminare con una macchinetta da giardino per rintuzzare i danni dei cinghiali, è persino umiliante. Abbiamo alle spalle almeno dieci anni di battaglie sindacali. Molte competenze sul tema sono state assegnate in questi anni al livello regionale. Ci siamo confrontati con una impostazione politica di Bologna restia a piani che provvedessero ad abbattimenti senza se e senza ma e con l’incombenza dei pareri dell’Ispra, anch’essi mai votati all’eradicazione. Avevamo inoltre costruito una relazione con il commissario alla Psa Ferrari che si era attivato, ma ha poi passato il testimone al successore che a Piacenza non si è ancora visto, nonostante il nostro sia un territorio strategico per il contenimento alla Psa. L’approccio regionale ha visto azioni che si sono mostrate inadeguate, come evidenziato dai report del mancato rispetto dei piani di contenimento, non è così a livello locale, dove in termini assoluti i cinghiali sono ancora troppo numerosi, ma l’impegno e il lavoro di squadra sollecitato e agevolato dalle azioni anche di Confagricoltura Piacenza, che ha costituito un pool dedicandovi più di una professionalità, ha fatto sì che qui non solo fossero rispettati gli obiettivi dei piani di prelievo, ma anche che si avviasse un cambio di approccio che vede un impegno sinergico del consigliere provinciale delegato Giampaolo Maloberti, della Polizia Provinciale, del responsabile caccia e fauna della Regione Emilia-Romagna per il nostro ambito territoriale Enrico Merli, delle squadre di coadiutori con la disponibilità del coordinamento degli Atc e degli Enti Parco. A loro va il nostro grazie perché i risultati ci sono, anche se non bastano e cogliamo l’occasione per chiedere un ulteriore passo avanti da parte di alcuni Atc, come sapientemente ha già saputo fare l’Atc1 che registra risultati crescenti con un grande impegno di coordinamento tra le diverse squadre. Riscontriamo poi la criticità permanente di alcune aziende faunistiche venatorie, senza la cui collaborazione viene meno l’efficacia dell’opera restringimento del campo di azione dei vari gruppi di cinghiali che si muovono da un territorio all’altro. Anche per questo l’azione integrata tra Atc è il presupposto per il successo delle azioni di contenimento, perché i cinghiali, che si muovano in gruppo o da soli, si spostano di diversi chilometri”. Quanto ai danni sulle semine che si registrano in questi giorni il presidente degli agricoltori precisa: “Se in generale, per lo meno a livello locale e con grande sforzo, alcuni risultati ci sono, diverso è il problema dei danni puntuali sui campi appena seminati, molto gravoso e che non trova comunque risposta con azioni ad ampio raggio, perché occorrono interventi altrettanto puntuali e tempestivi là dove il problema si verifica. Parlo per esperienza diretta – prosegue Gasparini – per difendere le semine occorre l’azione mirata dei selecontrollori a caccia in notturna, opzione che con l’attuale ordinamento non è possibile perché dichiarata non percorribile per questioni di sicurezza, obiezione difficilmente convincente dato che in altri casi, come nell’infelice vicenda dell’orso, la sicurezza delle persone passa in secondo piano per una certa politica. La caccia in notturna, aggiungo, per vita vissuta, posso certificare essere sicura perché effettuata quando c’è meno movimento nei campi e si può agire in modo mirato sfruttando le ormai proverbiali destrezza e prudenza dimostrate dai cacciatori professionali. A mio avviso – conclude Gasparini – andrebbe reintrodotta la figura del selecontrollore notturno che possa agire con una certa autonomia e tempestività rispetto ai piani ordinari, per lo meno durante l’epoca delle semine “.