“Mi manca la terra sotto ai piedi! – il consumo di suolo in Italia” questo il titolo e cuore della relazione che Michele Munafò, responsabile del rapporto Ispra sul consumo di suolo ha esposto in occasione dell’appuntamento del ciclo degli appuntamenti di divulgazione scientifica in agriturismo “A Cena Con La Scienza” che si è tenuto venerdì 20 settembre all’agriturismo Battibue di Fiorenzuola.
“Ci sono più organismi viventi in un cucchiaino di suolo fertile che persone sulla terra, ma occorrono più di mille anni per costituire un centimetro di suolo” – ha detto Munafò che ha precisato: “non dimentichiamo che il suolo è importante anche perché è dal suolo che viene circa il 95% del nostro cibo”. E di fronte a un pubblico preparato a dati negativi è riuscito comunque a sorprendere con la realtà: 76,8 km²all’anno spariti in Italia dove il 6% del suolo è già coperto artificialmente. Una cementificazione che prosegue con un incremento che supera di ogni anno del 7% circa la cementificazione dell’anno precedente.
Le zone dove il consumo di suolo procede più rapidamente sono quelle costiere e non sorprende che la cementificazione avanzi anche in luoghi già identificati come fragili: a rischio frane o inondazioni.
I fattori del consumo di suolo sono comuni a livello nazionale: cantieri e infrastrutture in testa seguiti dalla logistica che nella nostra regione dal 2006 al 2022 si è mangiata 843 ettari. Seppur con un’altra intensità, anche le energie rinnovabili comportano consumo di suolo, uno svantaggio in parte contemperato dalla produzione di energia, ma tant’è la sottrazione rimane. “243 sono gli ettari – ha evidenziato Munafò – dedicati al fotovoltaico a terra nel 2022 a livello nazionale per un totale complessivo di 17.800 ettari di cui 1826 in Emilia Romagna”.
L’intervento è stato ricco di dettagli e spunti interessanti evidenziando in platea sintonie bipartisan sulla necessità di preservare il suolo. A tine serata il dibattito è proseguito a tavola tra un’ottima portata e l’altra.
Confagricoltura Piacenza coglie dunque l’occasione per esprimere la propria posizione anche sulla vicenda del campo fotovoltaico a Cortemaggiore relativamente alla quale il Sindaco Luigi Merli ha chiesto un pronunciamento anche delle Associazioni agricole, “Siamo da sempre coerenti e trasparenti sulla linea da tenere quando la produttività agricola è posta in potenziale contrasto con la produzione di energie rinnovabili – spiega Filippo Gasparini presidente dell’Associazione -. Possiamo tornare indietro anche di 15 anni, quando la questione era: “food or fuel” ossia se destinare le produzioni agricole ai biodigestori. La tutela della produttività agricola e dunque del suolo fertile, bene finito e scarso, è uno dei princìpi fondanti della nostra associazione, che il 19 settembre ha compiuto 105 anni. In oltre un secolo le sfide sono cambiate, ma questi valori ci guidano ancora nelle nostre scelte. Non entriamo nel merito tecnico del progetto, non è nostro compito, ciò che chiediamo e pretendiamo è che chi ha le competenze e il dovere di valutare la fattibilità dell’opera consideri che le filiere produttive del nostro territorio si basano su una risorsa finita e sempre più scarsa: il suolo fertile. Mentre i pannelli si possono mettere sui tutti e sui fabbricati, non si possono coltivare mais e pomodori da industria se non in spazi vocati, come quel del fazzoletto di pianura di cui stiamo parlando”. Il problema non è né locale né circoscritto, come è emerso all’ultimo appuntamento del ciclo di incontri A Cena Con La scienza dove si è evidenziato che nell’ultimo anno sono stati coperti di cemento 2.4 metri quadrati di suolo al secondo.
“La cementificazione tout court è cosa ben diversa dallo sviluppo delle energie rinnovabili – precisa Gasparini – ma occorre molta onestà intellettuale perché sappiamo tutti che l’impatto zero non esiste, per nessuna attività produttiva, che sia quella agricola o quella di produzione di energia verde. Ci sono dunque ambiti dove si possono trovare dei compromessi, ma l’ultimo fazzoletto di Pianura padana, ormai incastonato tra autostrade e poli logistici, non può più essere oggetto di ulteriore contrattazione, pena la fine dell’agricoltura in quella che era la pianura più fertile del nostro Paese”.