Confagricoltura Piacenza torna a denunciare il problema della fauna selvatica fuori controllo e lo fa dando seguito ad una missiva con la quale i Marchesi Malaspina, la cui azienda vitivinicola di Bobbio è attiva dal 1772, richiedono un intervento di abbattimento della fauna. La lettera, del 17 agosto, è indirizzata al Sindaco del paese, al presidente dell’Atc 9, al responsabile regionale per i piani di controllo della fauna selvatica e per conoscenza all’associazione stessa degli agricoltori, che ripetutamente si fa portavoce di questa grave situazione.
“Vi comunichiamo – riporta sinteticamente la nota – che in località Sant’ Ambrogio di Bobbio, i nostri vigneti, posti in riva al fiume Trebbia, nonostante le protezioni installate (recinto elettrificato), vengono invasi da branchi di cinghiali il cui numero è decuplicato nel corso degli ultimi due-tre anni. Infatti basta pensare che fino all’anno 2015 NON ABBIAMO MAI RECINTATO!!! In quanto i danni subiti erano irrisori rispetto al costo in attrezzature e manodopera per la realizzazione e il mantenimento della recinzione elettrica. Pertanto, Vi invitiamo con la massima sollecitudine a mettere a punto un piano di abbattimento efficace al fine di ridurre la proliferazione che a nostro modesto parere è indiscutibilmente fuori controllo di cinghiali, caprioli, daini, istrici un tempo inesistenti!!! Infine ad oggi le troppe norme e regole ed enti coinvolti in materia con interessi contrastanti, finiscono per annullare in pratica ogni intervento utile, per cui la fauna specialmente qui in montagna si moltiplica a danno delle poche aziende agricole rimaste, nonostante le difese messe in atto a costi sempre più elevati. In attesa di un Vostro immediato intervento inviamo distinti saluti”.
Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza rimarca: “Gli indennizzi non sono né sufficienti né idonei a ripagare le aziende delle mancate produzioni e il problema della fauna selvatica, così numerosa, è divenuto anche una questione di sicurezza della popolazione civile, sempre più frequentemente coinvolta in incidenti stradali che hanno per causa gli attraversamenti improvvisi di branchi di caprioli e cinghiali”. Volendo sottolineare la grave situazione in montagna, Obizzo e Currado Malaspina spiegano:” In montagna i redditi sono già ridotti al lumicino, con questi danni è impossibile sopravvivere. Una volta – ricordano – c’erano solo la volpe e la faina che attaccavano i pollai. Ora si vedono cinghiali, caprioli, cervi, daini e tutto ciò che ne consegue. Il problema si è particolarmente acuito negli ultimi due anni nei quali c’è stata anche una riduzione degli abbattimenti per una serie di concause, tra cui il fatto che le squadre sono uscite meno per il covid. Abbiamo la sfortuna di avere vigneti vicini al Trebbia – spiegano i Marchesi – con la grande siccità che c’è, il fiume è l’unico rivolo d’acqua in zona e ci sono mandrie, anche di quindici cinghiali insieme, che scendono a bere e si fermano a mangiare nei nostri vigneti abbattendo tutto ciò che abbiamo fatto per proteggerci. Abbiamo circondato i vigneti con le protezioni e con i cavi elettrificati, ma c’è talmente poca umidità che neanche la sentono: caricano ed entrano”.
I poderi in questione sono Sant’Ambrogio e Cognolo, ma la situazione è afferibile a tutta l’area.
“Come facciamo a difenderci? – chiedono esasperati gli imprenditori agricoli – Il capriolo salta una recinzione di due metri e oltre ai danni di questo periodo, in primavera mangia i germogli delle viti. Non c’è più un controllo di questa fauna, chiamiamola selvatica, ma non si sa da dove possa arrivare così numerosa”.
I Malaspina hanno anche un parco che ha subito danni nel 2018, le piante sradicate dalla bufera di allora, circa 40, sono state ripiantate, ma gli ungulati in primavera mangiano la corteccia e diverse sono già morte.
“Sono troppi – concludono i Marchesi – servono piani di abbattimento e ogni anno bisogna controllare che vengano realizzati. Anche se c’è un bando per ridurre le spese per la recinzione dei vigneti, il costo è molto più alto del sostegno. Il nuovo nemico, oltre a quello meteorologico, è la fauna selvatica fuori controllo che mette in fuga i pochi agricoltori che sono rimasti a vivere in montagna. In questi ultimi anni il fenomeno si è ulteriormente acuito, c’è persino l’istrice che passa le recinzioni scavando sotto. Chi è responsabile deve coordinare gli abbattimenti”. “Non ne usciremo con gli strumenti della politica e della burocrazia – commenta amaramente Gasparini – il contesto ci lascia la sensazione di essere inermi di fronte alla mancanza di risposte. Il disinteresse, quando non attacchi di varia forma all’attività agricola, è un invito ad abbandonare la nostra attività che, con rincrescimento, ci pone di fronte ad un bivio. È un’analisi che bisognerà fare e non solo su questi temi: come ci insegna Manzoni, a un certo punto le cose si sistemano con i moti di piazza. Ci attende la triste accettazione o una stagione di forte ribellione con la presa incarico di decisioni difficili da parte degli agricoltori che sono respinti da questa società. Bisognerà vedere che tipo di analisi faranno gli agricoltori di questi tempi, che vedono, da un lato, la volontà politica di demolire un sistema e dall’altro, la pervicacia dei singoli di mantenerlo, sapendo che il proprio lavoro deve essere difeso e che questa deriva che ci condanna è storicamente limitata a questo periodo di grande povertà politica e relativismo. Non abbiamo ricette. La sensazione è che il nostro mestiere non sia gradito e che sia da abbandonare o da difendere strenuamente”.
S’invia inoltre il link a un breve video girato a febbraio da Luca Segalini a Campremoldo (Pc) https://fb.watch/7KYeSknQRA/