CALANO LE IMPRESE AGRICOLE A PIACENZA

Chiuse 123 imprese attive in agricoltura nel primo semestre 2019 nella provincia di Piacenza: è il dato che emerge dal rapporto congiunturale pubblicato dalla Camera di commercio. “Non c’è un terreno che si libera che venga lascito incolto – è questa la prima osservazione di Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza –  il calo del numero di aziende risente ancora del fenomeno di accorpamento avviato da tempo, ma non terminato. Ho iniziato a fare il consigliere in Apl che le stalle erano 700 ora sono 200 ma il latte pro dotto è aumentato in quantitativi e migliorato in qualità. La salute dell’agricoltura sul territorio non è in discussione  ciò non vuol dire che non debba confrontarsi con un crescente e costante problema: la redditività”. Ci sono – sottolinea Confagricoltura Piacenza –  criticità nelle zone montane, dovute allo spopolamento, al mancato ricambio generazionale, perché l’agricoltura in quei territori dovrebbe essere valorizzata per altri fattori rispetto alla produttività. “Per il comparto, in generale – prosegue Gasparini – ci preoccupa il fatto di vivere una tempesta perfetta: da un lato la determinazione dei prezzi è legata alla decisione politica di distribuire derrate praticamente a costo zero, dall’altro gli agricoltori non sono preparati a leggere e governare dinamiche sempre più complesse. Va poi detto che le economie di scala, tipiche delle aziende industriali, non sono altrettanto premianti in agricoltura, dove il processo ha sempre basi biologiche e sui grandi numeri si complica invece di semplificarsi, pensiamo a comparti come quello del pomodoro da industria o al lattiero-caseario, dove tra l’altro risulta ben chiaro come il potere contrattuale non sempre aumenti con le dimensioni aziendali. Gli operatori, è vero, sono sempre meno e gestiscono aziende più strutturate e di maggiori dimensioni, diventa difficile avere tempo e preparazione per governare l’impresa e al contempo leggere i mercati”. Per questo Confagricoltura Piacenza ribadisce sempre l’importanza dell’aggregazione e dell’organizzazione, sia economica che sindacale. La globalizzazione e l’aumento delle dimensioni e della complessità delle imprese rendono impossibile la sopravvivenza dell’impresa agricola famigliare come si era abituati a pensarla, aumenta la necessità di ricorrere a manodopera esterna per i cui costi fissi servono garanzie di ricavi che non hanno riscontro fattuale. “Se guardiamo ai dati produttivi dei vari comparti i quantitativi non sono in calo, ciò che preoccupa sono i prezzi: non sostenibili anche al di là dell’incapacità commerciale che ai produttori sarebbe oggi richiesta. C’è un mercato – conclude il presidente di Confagricoltura Piacenza –  indirizzato da scelte politiche e che premia i beni voluttuari forieri di confortanti messaggi di benessere diffuso. Non sappiamo però, che mondo troveremo dopo questa emergenza”.