Alluvione: vicinanza alle vittime e presa di coscienza

“L’alluvione di questi giorni in Emilia-Romagna è una catastrofe nei confronti della quale esprimiamo prioritariamente vicinanza e cordoglio alle famiglie di chi ha perso la vita, siamo inoltre vicini, con tutto quello che è possibile, per fornire sostegno e conforto a chi ha subito danni e vede distrutta la propria attività produttiva, in primis alle aziende agricole che vedono compromesso il lavoro di più annate” – così Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza sull’alluvione che ha colpito la regione. Detto questo però torniamo a puntare il dito su un disastro annunciato, che origina dalla sostituzione, nelle norme, delle soluzioni alle cause”.

Un esempio su tutti: le linee guida regionali per la riqualificazione integrata dei corsi d’acqua naturali dell’Emilia-Romagna approvate nell’ottobre 2015 che costituiscono strumento di attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della Direttiva 2007/60/CE. Citando dalle linee guida “La Giunta regionale ha assunto l’impegno di sviluppare una coerente ed efficace tutela del paesaggio e dell’ambiente, con particolare riguardo alla rinaturalizzazione degli ambiti fluviali. Questo obiettivo è perseguibile con l’adozione di una politica che inverta la tendenza alla sottrazione delle fasce di pertinenza fluviale dei corsi d’acqua a fini produttivi o insediativi e che miri invece a restituire al sistema fluviale quello spazio vitale indispensabile ad una corretta gestione, sia ai fini della sicurezza idraulica, sia dal punto di vista della qualità ambientale”.

Le linee guida criticano la strategia storicamente adottata dell’uso delle opere idrauliche – quali argini, difese spondali e opere trasversali – e nell’artificializzazione degli alvei quale principale risposta ai problemi idraulici e morfologici e alla necessità di garantire lo sviluppo delle attività umane. Criticando la gestione “infrastrutturale” del rischio ammiccano alle esperienze di altri paesi europei fondate sull’idea che sia necessario riqualificare a livello morfologico ed ecologico i corsi d’acqua per gestire tali problemi, in particolare cercando di “restituire spazio al fiume” e, ove e quanto compatibile con il contesto territoriale, di assecondarne le dinamiche morfologiche, lasciando la possibilità ai corsi d’acqua di allagare o erodere dove questo possa avvenire senza minacciare vite umane o beni d’interesse rilevante.  “Purtroppo cogliamo i frutti e cito dalle linee guida, di questo approccio alla gestione dei corsi d’acqua più in sintonia con i loro processi naturali. Denunciamo un sistema che ha definito per legge che i fiumi devono essere liberi di uscire dai loro alvei con i risultati sotto agli occhi di tutti, che nei fatti ha impedito gli interventi e la pulizia dei fiumi – prosegue Gasparini – che deroga, anche in ambienti antropizzati, al compito dell’uomo di regolamentare e gestire l’ambiente”. Il presidente di Confagricoltura Piacenza punta il dito sulla mancata pulizia degli alvei e sulla mancata realizzazione delle opere spondali.  “È chiaro che la vegetazione frena l’acqua e i sedimenti diminuiscono la portata dei fiumi. Quello che si è verificato in conseguenza delle abbondanti piogge è l’esito delle nostre non azioni. Vogliamo davvero restituire la Pianura Padana al Po e ai suoi affluenti? A questo si aggiunga la scellerata sottovalutazione del ruolo degli animali fossori che con le loro tane rendono precaria la tenuta degli argini. L’acqua che trasforma l’autostrada in un fiume resterà nei nostri occhi per molto tempo. È la natura che fa il suo corso, ma che ci mette tragicamente davanti all’evidenza delle conseguenze delle nostre mancate azioni”.  Si vuole focalizzare l’attenzione sull’eccezionalità degli eventi, ma la realtà è che l’acqua, dove ci sono le dighe, è stata trattenuta. Nel nostro territorio l’alluvione del 2015 è avvenuta dove non c’erano dighe a monte perché le dighe hanno una grande capacità di laminazione. “Ora – incalza Gasparini – se la laminazione è così importante, mi chiedo perché ho sentito, durante un in contro presso un consorzio di Bonifica della regione, l’assessore regionale Priolo dichiarare che se si fanno altre dighe in regione, oltre a quella di Vetto, si perde di credibilità. Abbiamo bisogno di queste infrastrutture preziose anche per far fronte alla gestione di questi eventi. Sembra di vivere in una dimensione distopica. Non è consentita la rimozione del limo nelle dighe, limitandone così la capacità di stoccaggio e viene imposto uno sversamento, anche quando ci sono tutti i parametri di sicurezza (con una capacità residua di stoccaggio maggiore di un milione di metri cubi), come in questi momenti per la diga di Mignano, con una perdita di acqua che sarebbe stata preziosa nei prossimi mesi, dando seguito a paure invece di leggere gli indicatori. Tutto perché l’Arda è intasato. Comodo fare i prudenti a spese degli agricoltori quando in parallelo non si interviene su alvei e argini. Sul Trebbia, in corrispondenza dell’abitato di Gossolengo, il fiume ha eroso la sponda destra e se non si rinforzano gli argini avremo, alla prima occasione, l’allagamento dell’abitato e il rischio di lesione del ponte di Tuna. Vorremmo, qui dove il pericolo è concreto, che si agisse preventivamente. Del resto, dopo l’alluvione del Nure si è subito corsi ai ripari rinforzando gli argini.  È questa gestione “di pancia” che sta distruggendo il Paese. Sono stati stanziati quattrocento milioni di euro per la rinaturazione del Po che prevede la piantumazione spondale quando sappiamo che nelle aree golenali le piante incrementano la presenza delle specie fossorie, rallentano il corso d’acqua e costituiscono fonte di detriti che si andranno a incagliare sotto ai ponti in caso di piena. Nelle nostre aziende svasiamo i canali tutti gli anni e puliamo gli argini, perché non lo si fa nei fiumi? A quanti sostengono che con queste metodiche l’acqua correrebbe più velocemente al mare, ricordo che rallentandone il corso, conseguentemente, non può che invadere campagne e città. I fatti dimostrano che le parole d’ordine degli ultimi tempi come “rinaturazione” e “biodiversità” sono parolacce e l’omicidio dell’evoluta società occidentale che ha oltre 2000 anni di storia gloriosa e questo non va bene”.