Le norme principali per il settore agricolo.

Si avvicina l’estate e pare opportuno segnalare i principali orientamenti in materia.

La fonte principale del diritto al riposo si situa nella Costituzione della Repubblica che, all’art. 36, prevede come “ il lavoratore ha diritto ….a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.  Parallelamente il Codice Civile sancisce, all’art. 2109, che il dipendente ha diritto ad un periodo annuale di  ferie retribuito, possibilmente continuativo….  tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata del periodo di ferie  ….”   è   stabilita   dalla   legge, dagli usi o secondo equità. Dopo la caduta del regime corporativo preminente è la disciplina contrattuale così come previsto dal D.Lgs n. 66/2003; secondo l’art. 10 del citato decreto, infatti, fermo quanto previsto dall’articolo 2109 del cod. civ., si prevede come il dipendente abbia …. “diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva   ….  va goduto per almeno due settimane, consecutive   in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. … Il   predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”.

Relativamente al comparto dell’agricoltura si segnala come, per gli operai agricoli a tempo indeterminato, l’art. 36 del CCNL 23 maggio 2022 preveda, per ogni anno di lavoro prestato presso la stessa azienda, un periodo di ferie retribuito pari a 26 giornate lavorative; per i periodi inferiori all’anno si procederà per dodicesimi in rapporto alla durata della prestazione, computandosi la frazione di mese superiore ai 15 giorni come mese intero. In caso di settimana corta (sui 5 giorni) la giornata del sabato è considerata lavorativa a zero ore.  Relativamente ai dipendenti a tempo determinato (lavoratori stagionali o avventizi) si precisa come il diritto alle ferie sia previsto attraverso il riconoscimento salariale del terzo elemento, ex art. 50 del CCNL, attraverso il pagamento della quota salariale  aggiuntiva del 8,33% ; si ricorda che il personale con tale qualifica  attraverso il terzo elemento (per un totale 30,44%)  si vede riconoscere, oltre alle ferie anche le festività (5,45%), la tredicesima (8,33%) e la quattordicesima (8,33%).

Il CCNL Quadri ed Impiegati Agricoli del 18 giugno 2024 prevede, per il personale impiegatizio ex art. 23, 30 giorni di ferie per la cui fruizione si dovrà tenere conto delle esigenze delle parti; analogamente il CCNL per il personale con qualifica di Dirigente prevede (art. 13) un monte ferie non inferiore a 30 giorni; anche in tali ipotesi, per gli orari in regime di settimana corta, la giornata del sabato è considerata lavorativa a zero ore.  Normalmente le ferie vengono quindi concesse dal datore e godute dal lavoratore previo accordo tra le parti stesse; sovente le aziende predispongono piani annuali di ferie onde migliorare la organizzazione della struttura produttiva, consentire la pianificazione delle vacanze ai collaboratori e minimizzare le disfunzioni possibili per l’assenza del lavoratore. In caso di mancato accordo possono crearsi tensioni e forzature. In pratica ci si può chiedere se sia possibile per il lavoratore “prendersi” in autonomia le ferie ovvero se sia per il datore lecito obbligare il dipendente a stare a casa in ferie “forzosamente”.

Il caso classico si può verificare quando il datore di lavoro, a fronte della rituale domanda del dipendente, frapponga un diniego motivando la mancata concessione del periodo di riposo per esigenze produttive, organizzative o perché altri dipendenti hanno già individuato lo stesso periodo. La giurisprudenza ha sul punto chiarito che la “autoassegnazione” delle ferie (assenza decisa unilateralmente dal dipendente) non è legittima, è arbitraria ed inammissibile e può determinare gravi conseguenze sul rapporto di lavoro, fino ad arrivare al licenziamento. Nonostante, quindi, il diritto alle ferie sia per il dipendente un diritto irrinunciabile, garantito costituzionalmente (art. 36) e dal codice (art. 2109 cod. civ.), questo non si estende alla scelta del periodo esatto di fruizione che è riconosciuto sostanzialmente, anche dai vari contratti collettivi, al datore di lavoro sulla base principalmente dell’art. 2109 cod. civ., peraltro quale estrinsecazione espansiva del potere organizzativo e direttivo (artt. 2086 e 2094 cod.civ.). Il datore ha quindi l’onere di verificare e ricercare il concreto equilibrio tra le necessità produttive ed organizzative aziendali e le esigenze personali e familiari rappresentate dal dipendente onde assicurare il giusto periodo di riposo per favorire realmente il recupero delle energie psico-fisiche da parte del lavoratore (si vedano Cassazione sentenze n. 24977/2022 e n.  21918/2014, Corte Appello di Torino sentenza n. 571 del 7 dicembre 2022, Tribunale di Perugia, sentenza n. 169 del 2 aprile 2025).

L’autoassegnazione unilaterale genera una “assenza ingiustificata” del dipendente poiché manca l’autorizzazione preventiva da parte del datore di lavoro e causa un grave inadempimento degli obblighi insiti nel rapporto di lavoro. Nei contratti collettivi dell’agricoltura si prevede infatti, sotto il profilo disciplinare,  che la grave insubordinazione (CCNL quadri ed Impiegati, art. 51)  ovvero  l’assenza ingiustificata che superi i tre  giorni consecutivi (CCNL operai agricoli, art. 75) possa essere sanzionata con il licenziamento per giusta causa, senza preavviso, sostanzialmente  perché’, in tali ipotesi,  viene meno il rapporto di fiducia; analogamente per i casi meno gravi  la contrattualistica collettiva (art. 75 CCNL operai agricoli, punto B ed art. 51 CCNL Quadri ed Impiegati, quinto comma ) prevede  la possibilità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo con il riconoscimento del preavviso, licenziamento peraltro ontologicamente disciplinare che dovrà essere adottato, come quello per giusta causa, previa contestazione, al termine di un procedimento disciplinare da attivare ex art. 7 Legge n. 300/1970.

Possibili provvedimenti conservativi (richiami, multe o sospensioni) anche per assenze ingiustificate più brevi. Interessante è poi annotare come il datore di lavoro possa legittimamente collocare, in alcune circostanze precise, forzosamente in ferie il lavoratore riluttante a fruire del suo riposo feriale, ancorché in generale la collocazione forzosa sia ritenuta un abuso da parte aziendale (es. sentenza Cassazione n. 24977 del 19 agosto 2022).  I casi in cui il datore di lavoro può obbligare il lavoratore a riposarsi si relazionano non a situazioni soggettive o a qualità della prestazione resa dal dipendente ma unicamente ai casi aventi rilevanza oggettiva o per i casi di necessità aziendale motivata  quali ad esempio la chiusura dell’azienda per ristrutturazioni o modifiche strutturali, l’interruzione dell’attività produttiva in un periodo dell’anno, i periodi di ferie collettive sancite da accordi aziendali o disposte dal datore ad esempio per il Santo Natale, Capodanno e nei ponti) ovvero per i cali ciclici o stagionali delle  attività lavorative. In definitiva le ferie obbligatorie non possono essere il frutto di un mero atteggiamento datoriale discrezionale o basarsi su elementi soggettivi legati alla persona del dipendente (condotta sul posto di lavoro o rendimento della prestazione resa; considerando poi  che la legge prevede tassativamente, come detto, la fruizione delle due settimane di ferie  nell’anno di maturazione come le due settimane da godere entro i diciotto mesi dalla fine dell’anno di maturazione, qualora il dipendente non acceda alla fruizione dei periodi detti,  il datore di lavoro avrà la facoltà  di obbligare il dipendente ad usufruire del riposo  feriale anche alla luce del principio legale che vieta espressamente  la  monetizzazione delle ferie e delle norme punitive previste (ex art. 18 bis , comma 3, del D. Lgs n. 66/2003) per il   mancato rispetto del periodo di quattro settimane di ferie previsto per   legge o per contratto collettivo (con sanzioni amministrative  da € 120 ad € 5.400 secondo il numero dei lavoratori interessati).

Si ricorda infine che correlata alle ferie vi è la problematica contributiva INPS; in alcuni casi scatta infatti l’obbligo di versare i contributi pur prescindendo dalla fruizione, da parte del dipendente, delle ferie (ciò per i casi inerenti alle due settimane di ferie residue, maturate nell’anno precedente e non fruite entro il 30 giugno del secondo anno successivo o per le ferie eccedenti le quattro settimane, contrattualmente stabilite sempre se non godute).

(M. Mazzanti)