Comparto del latte in allarme: i mercati rallentano, va evitato uno shock di inizio anno

Piacenza, 09 dicembre 2025 – La filiera del latte guarda con preoccupazione ai mesi che verranno: disdette contrattuali diffuse, quotazioni spot in crollo e una quantità significativa di «latte libero» che rischia di non trovare collocazione commerciale mettono a repentaglio la tenuta economica di molte aziende. A fotografare la situazione è Alfredo Lucchini, presidente della sezione lattiero-casearia di Confagricoltura Piacenza, che in queste ore lancia proposte operative precise per evitare l’innesco della catena di effetti negativi. Il contesto istituzionale — il Tavolo del Latte convocato dal Ministero e le recenti prese di posizione delle organizzazioni agricole — conferma l’urgenza: sindacati e associazioni hanno chiesto interventi per difendere prezzi e contratti, mentre il calo delle vendite e le disdette stanno già producendo segnali di razionamento del ritiro per il primo trimestre 2026. Sul fronte dei prezzi, i partecipanti al Tavolo hanno evidenziato una erosione del valore alla stalla: lo spot, dopo i massimi estivi, ha registrato un forte ridimensionamento negli ultimi mesi, segnale che richiede interventi di governance della produzione e tutela dei contratti. Secondo Lucchini, il problema nasce da due fattori che si sommano: l’aumento delle produzioni — anche a livello internazionale — e la reazione degli acquirenti, che in presenza di segnali di debolezza alzano la pressione sui prezzi. “Dichiarare pubblicamente le proprie difficoltà – come di fatto è avvenuto con il tavolo ministeriale e la sospensione delle quotazioni del latte spot – è un autogol: la filiera legge il segnale e i listini vengono immediatamente ritoccati al ribasso”, osserva Lucchini. “Le disdette di cui non conosciamo però la portata complessiva proprio a causa della polverizzazione e della disorganizzazione dei produttori – prosegue – rischiano di riversare sul mercato, nei primi mesi del 2026, migliaia di quintali di latte senza destinazione”. Un ulteriore elemento che potrebbe aggravare la crisi è la strategia del Consorzio di tutela del Grana Padano. Dopo un periodo in cui la convenienza a trasformare latte in formaggio ha contribuito ad assorbire parte dell’eccedenza, le scelte industriali annunciate nell’assemblea del 2 dicembre, segnano un raffreddamento: la proposta di reintrodurre la distinzione tra «quota A» (latte destinato al formaggio Dop) e «quota B» (latte destinato ad altri canali) rischia di creare nuove spaccature e lasciare parte della produzione senza sbocco. Lucchini è netto: “Se il Consorzio consentisse ai propri caseifici in deroga straordinaria l’utilizzo degli impianti per trasformare il surplus di latte certificato in forme di a lunga stagionatura, eviteremmo l’eccesso di latte certificato che resta libero sul mercato andando ulteriormente a deprimere le quotazioni. Tutelare solo le quotazioni del formaggio Dop risponde ad una lettura parziale e restrittiva dello scopo del Consorzio che dovrebbe agire nell’interesse dei produttori dell’areale. Il meccanismo dei vasi comunicanti, mediante il quale si riversa sul mercato latte certificato e atto a produrre Grana Padano, penalizza particolarmente i produttori di latte fuori dal circuito. Bisogna fare formaggio – prosegue Lucchini – non assistere alla dispersione del latte sulle piattaforme spot”.  L’esperienza storica insegna che la polverizzazione e altri sbocchi alternativi non garantiscono lo stesso ritorno economico del formaggio stagionato; oggi la stagionatura può rappresentare uno strumento per esplorare nuovi mercati e creare scorte commercializzabili e promuovibili all’export”. Davanti a questo scenario, la strategia che Lucchini indica è concreta e mirata: “convogliare il latte disdettato verso le organizzazioni di produttori (OP) e le cooperative, creando un “organo cuscinetto” nazionale in grado di programmare e collocare le eccedenze; incentivare la trasformazione in formaggi duri a lunga stagionatura, anche non Dop, per dare valore aggiunto al latte e prolungarne la collocazione sul mercato; chiedere al Governo misure di sostegno mirate non tanto come sussidi diretti, ma come incentivi agli impianti di trasformazione e alla stagionatura (capienza, infrastrutture, contributi alle ristrutturazioni); prevedere linee di credito agevolate per caseifici che accettino latte in ammasso e lo trasformino in stagionato. E poi ancora – conclude Lucchini – mettere a punto un programma di promozione export per nuovi prodotti e formaggi da proporre a nuovi mercati. Sarebbe una scelta strategica e coraggiosa che porterebbe tutto il comparto a condividere lo sforzo per superare il momento e non a scaricare il problema sui soliti”.

In foto Alfredo Lucchini – vicepresidente di Confagricoltura Piacenza e presidente della Sezione di Prodotto Lattiero-casearia