Ci si prepara alla vendemmia anticipata in Emilia-Romagna, con lo stacco dei primi grappoli di uve precoci per le basi spumante intorno al 10 agosto. Le stime attestano un drastico calo del raccolto nelle aree collinari, dove risulta più difficile fare arrivare acqua, ma a soffrire è anche la restante viticoltura, minacciata dalla carenza della risorsa idrica per le irrigazioni di soccorso e da fitopatie sempre più invasive.
«Una situazione esplosiva, che mette in allarme l’intero comparto e porterà a una netta flessione produttiva se confrontata con la media degli ultimi dieci anni, complessivamente nell’ordine del 25-30% (con picchi fino al 50%) in collina e almeno del 10% in pianura, salvo eventuali stop alle irrigazioni», dice il presidente dei viticoltori di Confagricoltura Emilia Romagna, Mirco Gianaroli che parla della «necessità di salvaguardare prima di tutto la vita della pianta e di cercare soluzioni alternative, portinnesti resistenti e tecniche agronomiche di precisione in grado di garantire un maggiore risparmio idrico; bisogna costruire bacini irrigui e investire in ricerca per arrivare a soluzioni alternative che possano offrire un sistema efficace di difesa delle produzioni vitivinicole da parassiti e malattie».
Si rivolge ai parlamentari che saranno eletti sul territorio il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini: «Il cambiamento climatico è davanti ai nostri occhi, stravolge l’intero sistema economico. Non si coltiva più senza adeguate reti idriche e senza invasi di stoccaggio nelle aree più fragili; è praticamente impossibile produrre se di fronte al proliferare di nuovi e sempre più aggressivi patogeni, l’Ue continua a chiedere agli agricoltori di ridurre l’utilizzo delle (poche) molecole a disposizione per contrastare tali minacce».
Il vigneto dell’Emilia-Romagna sconta nel 2022 gli effetti delle elevate temperature nella fase di fioritura (in maggio), che hanno via via accelerato la proliferazione di fitopatie del grappolo difficilmente riscontrate in passato sulle uve da vino, alle quali si sono aggiunti gli attacchi di peronospora soprattutto nelle aree colpite dalle grandinate di fine giugno e inizio luglio. Lo stress idrico ha fatto esplodere patologie latenti ma letali per la pianta quali il mal dell’esca (colpo apoplettico) e la flavescenza dorata: quest’ultima in particolare non si era mai manifestata nel territorio con tale virulenza. La moria di viti induce ora i produttori a espiantare e ripiantare, il che significa un notevole aggravio di costi oltre alla perdita di produzione. Nelle aree collinari – in Romagna come sui colli bolognesi, imolesi e su quelli parmensi e piacentini – il protrarsi dell’assenza di piogge ha provocato l’arresto della maturazione bloccando lo sviluppo della bacca. Nelle vigne di pianura, per via della scarsa allegagione, gli acini sono radi (anomalia che si è verificata in special modo sul Pignoletto).