Agriturist chiede alla Regione la sospensione dei controlli sugli agriturismi

Vista la gravità della crisi pandemica e le ripercussioni sulle attività agricole e agrituristiche, Agriturist Emilia Romagna – associazione che raggruppa gli agriturismi associati a Confagricoltura – chiede alla Regione la sospensione dei vincoli imposti dalla legge regionale 4/2009 sull’esercizio dell’attività agrituristica, seguendo l’esempio di quanto fatto per le aziende colpite dal terremoto del maggio 2012 attraverso la legge 122/2012 di conversione del decreto legge 74/2012.

«È necessario un provvedimento di emergenza che sospenda i controlli triennali programmati nel 2021, in capo agli STACP (Servizi territoriali Agricoltura Caccia e Pesca), sull’abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica e sul rapporto di connessione e complementarità delle giornate lavorative agricole con l’attività agrituristica», scrive il presidente di Agriturist Emilia Romagna, Gianpietro Bisagni nella lettera inviata all’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi.

In sintesi, il divieto alla somministrazione dei pasti imposto dal lockdown non consente di pianificare la normale produzione agricola annuale. Infatti, secondo la legge regionale vigente, i pasti e gli alloggi sono strettamente correlati alle giornate agricole programmate dall’azienda agrituristica, e quindi alla rotazione colturale e ai piani allevatoriali, pertanto, in questa fase emergenziale, è impossibile portare avanti le semine di ortaggi come pure l’allevamento di oche o pulcini.

«Inoltre – continua Bisagni nella lettera – bisogna prevedere la deroga ai rapporti di complementarità inerenti alla produzione e all’acquisto di prodotti agricoli, per il 2020 e per il 2021, previsti dalla normativa. E questa deroga – si precisa – deve valere per tutti i comuni all’interno dei confini regionali, al fine di evitare sperequazioni tra territori».
Ossia, va scongiurato in primis qualsiasi spreco di carne, vino e ortaggi autoprodotti dall’azienda agrituristica o acquistati localmente secondo i vincoli dettati dalla legge vigente che impone l’obbligo di acquistare in regione almeno l’80% dei prodotti utilizzati dall’agriturismo, di cui almeno il 35% costituito da materie prime aziendali.
E tale disposizione deve avere effetto retroattivo perché, nel 2020, gli imprenditori agrituristici sono stati spesso costretti a immagazzinare o vendere sottocosto prodotti agricoli non impiegati nella somministrazione. Sono 861 gli agriturismi – su un totale di 1.200 in regione -, che lungo la via Emilia, nelle aree di pianura come in quelle pedecollinari e montane, offrono il servizio di somministrazione pasti (156 nella provincia di Bologna; 35 a Ferrara; 142 a Forlì-Cesena; 115 a Modena; 95 a Parma; 132 a Piacenza; 97 a Ravenna; 55 a Reggio-Emilia e 34 a Rimini).