Rese del pomodoro da industria in calo del 10%. Il punto degli agricoltori.

Il pomodoro da industria chiude al Nord una delle campagne più tribolate della storia. «Resa ad ettaro in calo del 10% rispetto alla media registrata nell’ultimo quinquennio, fiammata delle spese (piantine, agrofarmaci, materiali e attrezzature, prodotti fitosanitari, sistemi irrigui, gasolio, premi assicurativi e altro ancora), balzo dei consumi di acqua ed energia ma anche criticità sempre più marcate nel reperimento di manodopera. L’Emilia-Romagna leader in Italia per superfici coltivate – con 28.520 ettari (il 63% del totale) -, vede rompersi quell’equilibrio precario ma fondamentale per la redditività di un’azienda», è la riflessione amara di Giovanni Lambertini, presidente regionale dei produttori di pomodoro da industria associati a Confagricoltura, che invita la filiera «ad agire unita per salvaguardare la fornitura di materia prima di qualità 100% italiana e le proprie aziende agricole conferenti, al contempo occorre proteggere un sistema che, fino ad ora, si è dimostrato capace di programmare l’offerta garantendo la stabilità di prezzo».

Dopo un 2024 da dimenticare per eccesso di piovosità, a tagliare le rese quest’anno è stata soprattutto la lunga ondata di caldo, a partire dal mese di giugno, e la conseguente proliferazione di malattie e parassiti inclusi acari dannosi ma sconosciuti pertanto impossibili da debellare, oltre a diffusi fenomeni di resistenza.

«Siamo inermi, non abbiamo gli strumenti per una corretta difesa fitosanitaria. Questo è il risultato di scelte UE poco opportune che hanno fortemente limitato l’uso di molecole indispensabili nella fase di produzione, senza offrire alternative efficaci. Molti principi attivi sono vietati e altri lo saranno a breve. Non sappiamo nemmeno come contrastare lo sviluppo delle erbe infestanti» incalza Lambertini.

Da evidenziare anche la scarsa disponibilità idrica in alcune aree e le disposizioni relative al DMV (Deflusso minimo vitale), che spesso non collimano con le tempistiche delle operazioni colturali mettendo in ulteriore difficoltà gli agricoltori.

Secondo Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna, «servono più risorse per le imprese e una Politica agricola comune che sappia fronteggiare le criticità di oggi, quindi: più fondi europei non meno tutele come vorrebbe Bruxelles»; chiede inoltre di fare passi avanti nella ricerca, potenziare la resistenza delle piante identificando nuove varietà di pomodoro più resistenti o tolleranti ma anche genotipi che riducano la percentuale di infezione, accelerando dunque sull’uso di biotecnologie innovative quali CRISPR-Cas9. «La genetica d’avanguardia è una leva strategica essenziale per la crescita nel lungo termine – e conclude ricordando i primati italiani – il nostro Paese è il primo produttore di pomodoro da industria a livello europeo e il primo esportatore di derivati nonché pilota nell’esportazione di know-how».

In vista della campagna 2026, Confagricoltura Emilia-Romagna invita fin da subito le Organizzazioni dei Produttori-OP a un lavoro di squadra più condiviso per orientare al meglio la programmazione dell’offerta e soddisfare le aspettative della parte agricola.

Le province del bacino Nord Italia con più ettari coltivati a pomodoro sono Piacenza (10.543 ha), Ferrara (8.132 ha) e Parma (4.299 ha). Spicca la produzione BIO nel ferrarese dove supera i 2.700 ettari investiti (fonte dati OI Pomodoro da industria Nord Italia).